Notes
-
[1]
Sul mondo coloniale magno greco e siceliota si rimanda, per una sintesi, a Ceccoli, Stazio 1999 e Ceccoli, Stazio 2001; si veda anche Leone 2011 e Osanna 2015. Nella strutturazione del paesaggio coloniale magno greco e siceliota un ruolo fondamentale sarà rivestito dai santuari disseminati nel territorio di pertinenza di ogni apoikia: questi luoghi, al di là della funzione di caposaldo territoriale, dovevano costituire il luogo dell’incontro e dello scambio tra le comunità indigene e i nuovi arrivati. Si veda anche in proposito Stek 2009.
-
[2]
Si veda in proposito l’intervento di Michel Tarpin nel presente volume che fornisce, finalmente, un elenco completo delle fonti antiche sul tema dei “tempi” della fondazione.
-
[3]
Si veda, ad esempio, Gros, Torelli 1988, in part. p. 128, a partire dai fondamentali testi di E. T. Salmon: Salmon 1963; Salmon 1969.
-
[4]
Livio, VIII, 21, 10.
-
[5]
Livio, XXXIV, 45, 1-2.
-
[6]
Livio, XXXIX, 44, 10-11. Sulla vallata del fiume Potentia si rimanda ai lavori di Frank Vermeulen, per cui si veda da ultimo Vermeulen 2016 e Vermeulen in questo volume.
-
[7]
Per le fonti la sequenza delle assegnazioni dal iv al ii secolo a.C. sono: 2 iugera (Terracina), 6 iugera (Potentia e Pisaurum), 5 iugera (Mutina), 8 iugera (Parma), 10 iugera (Saturnia), 5 iugera (Gravisca), 5½ iugera (Luna).
-
[8]
Il numero dei coloni varia dai 300 di Terracina e poi di Volturno, Literno, Pozzuoli e Salerno, ai 2 000 di Modena, Parma e Luni. Sul rapporto tra demografia e colonie si rimanda a Pelgrom 2013 e a Casarotto, Pelgrom, Stek 2016.
-
[9]
La Nuova Carta Geoarcheologica di Senigallia è pubblicata in Silani et al. 2016. Le principali novità archeologiche su Senigallia sono in Lepore 2013 e Lepore 2014, con bibl. prec.
-
[10]
Si tratta del sito di Via Baroccio per cui cf. infra.
-
[11]
Sugli scavi di Via Cavallotti si rimanda a Lepore et al. 2012a.
-
[12]
Il graffito è edito in Gaucci 2013. Per un quadro del popolamento dell’area medio adriatica si rimanda a Bourdin 2015.
-
[13]
Le strutture preromane rinvenute in Via Cavallotti subiscono, agli inizi del iii secolo a.C., una distruzione e una sorta di “bonifica”: sembra evidente il nesso con l’arrivo dei romani dopo la battaglia di Sentinum (295 a.C.).
-
[14]
Le prime ricerche scientifiche su Senigallia sono in Ortolani, Alfieri 1978.
-
[15]
Sulla colonia latina di Rimini si rimanda a Ortalli 2010, con bibl. prec.; le ultime indagini sulle fortificazioni, con l’ipotesi dell’assenza di mura verso il mare, sono in Tassinari, Faedi, Curina 2013, in part. p. 13-26.
-
[16]
È infatti probabile che il lato a mare delle mura sia stato messo in opera solo in età tarda, forse addirittura nel iii secolo d.C. (si vedano i resti murari sotto la Rocca Roveresca).
-
[17]
Sugli scavi di Via Baroccio si rimanda a Lepore et al. 2012b.
-
[18]
Ancora in età sillana abbiamo esempi di fortificazioni con un semplice terrapieno con palizzata (Appiano, Bella Civilia, I, 51, su Aeclanum: moenia […] quae trabibus constabant); cf. anche Sommella 1988, p. 117.
-
[19]
Sulle mura cf. Villani 2008.
-
[20]
Siena 1746, p. 135, nota 26.
-
[21]
Sul santuario di Via Baroccio cf. Lepore et al. 2012b.
-
[22]
Una prima notizia degli scavi in Piazza Garibaldi è in Belfiori 2016b.
-
[23]
Una revisione degli scavi dell’area archeologica “La Fenice” è in Lepore et al. 2014.
-
[24]
Indagini archeologiche, iniziate nel marzo 2019 e attualmente in corso nei pressi dell’area archeologica “La Fenice”, stanno confermando l’ipotesi ricostruttiva proposta in questa sede.
-
[25]
Sulla questione della doppia datazione della colonia di Sena Gallica si rimanda alla sintesi in Lepore 2014.
-
[26]
Cf. l’intervento di Michel Tarpin nel presente volume.
-
[27]
Bispham 2006; Pelgrom 2008; Sewell 2010; Pelgrom 2014.
-
[28]
Bandelli 1999; Bandelli 2008a.
-
[29]
Bispham 2006, p. 122-123; già Nereo Alfieri notava come la cifra di 300 coloni “documentata, in parte, per le deduzioni marittime di vecchio tipo […] sembra piuttosto bassa, anche in relazione ai 250 fuochi pertinenti a Senigallia in periodo di grande decadenza, allorché il residuo urbanistico era ridotto a circa la metà dell’area occupata dalla primitiva colonia, durante la crisi della metà del 1300 ricordata anche da Dante”, Ortolani, Afieri 1978; Dante, Paradiso, XVI, 67-75.
-
[30]
Alla luce dei 7 iugera assegnati ai coloni durante le distribuzioni viritane nel territorio sabino databili al 290 a.C., e dunque di poco precedenti o contemporanee alla fondazione di Sena Gallica, si potrebbe ipotizzare che assegnazioni superiori a 2 iugera per le colonie di diritto romano, indicativamente tra 5 e 10 iugera, fossero iniziate già nel iii secolo a.C. Cf. De Ligt 2014, p. 107, nota 2.
-
[31]
Come sembrerebbe testimoniato dai recenti ritrovamenti, in un caso proprio nell’area di Sena Gallica e in un altro nel centro di Suasa, di graffiti iscritti in alfabeto leponzio, riconducibile alla lingua dei Galli Senoni; Gaucci 2010; Gaucci 2013.
-
[32]
Mason 1992; Hermon 2001. La presenza di una commissione di triumuiri coloniae deducendae, con ogni probabilità con compiti di delimitazione del territorio, era la prassi nella procedura di deduzione sia delle colonie latine sia delle colonie romane a partire almeno dal 338 a.C.; Laffi 2001c.
-
[33]
Dove per territorium si intende la superficie sottoposta all’autorità dei magistrati della città, come precisamente ricordato in Tarpin 2014b.
-
[34]
Polverari 1979; Lepore 2014.
-
[35]
Liber Coloniarum, I, p. 226, 9-12 (Lach.).
-
[36]
Liber Coloniarum, II, p. 258, 10-12 (Lach.).
-
[37]
Paci 2008.
-
[38]
Dall’Aglio, Bonora Mazzoli 1991; Silani, Casci Ceccacci 2010.
-
[39]
Paci 1996-1997; Sisani 2007.
-
[40]
Campagnoli, Giorgi 2009, p. 299.
-
[41]
Dall’Aglio, Bonora Mazzoli 1991, p. 28.
-
[42]
Dall’Aglio 2009, p. 295.
-
[43]
Lepore 2012; Dall’Aglio 2014.
-
[44]
Firpo 2012.
-
[45]
Sisani 2007.
-
[46]
Bandelli 2005.
-
[47]
Giorgi 2010a.
-
[48]
Malnati 2008.
-
[49]
Per una nuova revisione dei materiali provenienti dal contesto del Lucus Pisaurensis si veda Belfiori 2016a e Belfiori 2017.
-
[50]
Ortalli, Ravara Montebelli 2004.
-
[51]
Sulle prime frequentazioni romane a Ravenna si veda Malnati et al. 2016 e bibliografia citata.
-
[52]
Bandelli 2005; Sisani 2007.
-
[53]
Ciuccarelli 2008.
-
[54]
Bandelli 1999, p. 175.
-
[55]
Malnati et al. 2016, p. 17-18.
-
[56]
Sisani 2007 e bibliografia citata; Bandelli 2008a.
-
[57]
Si veda Sisani in questo volume.
-
[58]
Campagnoli, Giorgi 2014; da ultimo cf. Silani 2017.
-
[59]
Una simile ricostruzione permetterebbe di superare l’anomalia di un catasto privo della corrispondenza tra asse stradale principale rappresentato dalla bisettrice di valle e decumano massimo della centuriazione, come avviene di norma nelle vallate marchigiane; Dall’Aglio, Bonora Mazzoli 1991, p. 28; De Maria, Giorgi 2013, p. 129-130.
-
[60]
Gli studi geomorfologici condotti nella valle del Cesano hanno infatti messo in evidenza come proprio dall’inizio dell’età romana, ovvero nel corso del iii secolo a.C., il fiume stesse subendo importanti variazioni nella dinamica deposizionale con conseguente aggradazione dell’alveo. Questo significa che il paesaggio d’età romana doveva essere molto diverso dall’attuale, caratterizzato dalla presenza di un fiume ad andamento meandriforme che divagava con ampie anse per quasi tutto il fondovalle. Coltorti 1991a, p. 95; Coltorti 1991b; Dall’Aglio et al. 2004; Dall’Aglio et al. 2012.
-
[61]
De Maria, Giorgi 2013, p. 130.
-
[62]
Lepore, Galazzi, Silani 2014, p. 56; Silani 2017.
-
[63]
Dall’Aglio, Bonora Mazzoli 1991; Silani, Casci Ceccacci 2010; Campagnoli, Giorgi 2014, p. 558.
-
[64]
Dall’Aglio 2008, p. 39.
-
[65]
Dall’Aglio et al. 2012.
-
[66]
Dall’Aglio et al. 2004; Lepore 2010a; Lepore 2010b; Dall’Aglio et al. 2012.
-
[67]
Questo punto della vallata veniva inoltre indicato negli studi precedenti quale di “difficile lettura” per l’analisi delle persistenze centuriali e dapprima inserito nel blocco di Suasa (Dall’Aglio, Bonora Mazzoli 1991) e successivamente in quello di Sena Gallica (Casci Ceccacci 2010). Tale distinzione, come descritto in precedenza, potrebbe essere allo stato attuale delle ricerche non più significativa.
-
[68]
Lepore, Galazzi, Silani 2013 e bibliografia citata.
-
[69]
Direzione Prof. G. Lepore della sezione di Archeologia del Dipartimento di Storia Culture e Civiltà dell’Università di Bologna.
-
[70]
Una prima sintesi delle ricerche è presente in Lepore 2010a; Lepore 2010b; Lepore, Galazzi, Silani 2013. In particolare per quanto riguarda l’età romana, sono state messe in luce un discreto numero di fornaci per la produzione laterizia, funzionali alle villae/fattorie presenti nell’area e individuate grazie alle ricognizioni di superficie, e un’estesa necropoli di ben 73 sepolture interpretabile come area funeraria a uso comunitario. Si tratta di contesti databili in un orizzonte cronologico che va dal i-ii secolo d.C. per le aree produttive fino al v-vi secolo d.C. nel caso delle sepolture della necropoli. Inoltre nelle immediate vicinanze entro un raggio di 4.5 km, lungo la vallecola del torrente Nevola, è stato possibile localizzare l’attestazione epigrafica di un’area di culto legata alla Bona Dea, CIL XI, 6185. Per il culto della Bona Dea si veda Brouwer 1989. Pochi i materiali cronologicamente riferibili alla prima metà del iii secolo a.C. rinvenuti nelle stratigrafie degli scavi o grazie a ricognizioni di superficie, tuttavia presenti e riconducibili alle prime frequentazioni dell’area. Lepore, Galazzi, Silani 2013, p. 106-110.
-
[71]
In assenza di importanti attributi di natura urbana, come assi viari ed edifici annessi, per la formazione di agglomerati secondari quali i vici (Casci Ceccacci 2010, p. 543-545), l’area di Madonna del Piano si configurava dunque come caratterizzata da un insediamento sparso e priva di quel carattere “urbano” che le fonti letterarie ci descrivono per gli insediamenti vicani; Todisco 2011.
-
[72]
Lo stesso toponimo suggerisce forse la presenza di una strada di campagna diretta a un guado sul fiume. Per altro in questo punto, secondo la scansione dei limiti del catasto di Sena Gallica, ricadeva un possibile asse centuriale, la cui persistenza oggi è rappresentata dalla strada detta Passo del Bombone.
-
[73]
Per l’interpretazione particolarmente significativo è stato relazionare il percorso del nuovo asse viario di Madonna del Piano con la situazione geomorfologica ricostruibile per il fiume Cesano in età romana, come detto caratterizzato da ampi meandri. Prolungando infatti verso sud-ovest tale strada, ovviamente con il medesimo orientamento, si notano due aspetti significativi. Il primo è legato a una possibile persistenza nel tratto finale dell’attuale Via Turatata. Secondo elemento, ancora più importante, è la posizione dell’asse viario che corre esattamente lungo la scarpata che divide il terrazzo alluvionale di III ordine da quello di II ordine, ma rimanendo sempre su quest’ultimo. Questo secondo aspetto sembra mettere in evidenza la volontà al momento della realizzazione della strada di costruirla in un punto stabile del terrazzo senza attraversare il centro dell’intera area pianeggiante sicura disponibile, lontano in ogni caso da zone che probabilmente agli inizi del iii secolo a.C. erano soggette ancora a instabilità e a fenomeni alluvionali. Per un quadro dettagliato dell’organizzazione della viabilità nella valle del fiume Cesano si vedano Dall’Aglio 1987; Dall’Aglio 1991, p. 12-24. Per la presenza di assi viari obliqui all’interno di centuriazioni in zone di pianura ben più estese in corrispondenza di viabilità a lunga percorrenza si veda Bottazzi 1988.
-
[74]
Lepore et al. (corso di stampa).
-
[75]
Sulla sostanziale coincidenza di orientamento tra edifici rurali e assetto delle campagne con la possibilità di definire la cronologia delle divisioni agrarie presenti nel territorio si veda Bottazzi, Calzolari 1987.
-
[76]
Si tratta dei documenti epigrafici CIL I, 382 relativo all’ager Cuprensis (Cupramontana); CIL I, 1926 dell’ager Cingulanus (presso Cingoli); CIL IX, 5814 da Montoro, in una zona situata al confine degli agri di Planina (a ovest), Ricina (a sud) e Auximum (a nord-est). Cf. Sisani 2011, p. 613-614.
-
[77]
Siculo Flacco, 146 L.; Cf. Sisani 2011, p. 641. Per quanto riguarda la classificazione delle strade all’interno del sistema itinerario d’età romana sulla base delle fonti scritte si veda Capogrossi Colognesi 1976, p. 1-115.
-
[78]
In proposito si veda Stek 2009, p. 171-185; Sisani 2011, p. 644-647.
-
[79]
Il pagus, categoria pienamente romana (si vedano da ultimo Letta 2006 e Todisco 2011), come è stato ampiamente sottolineato rappresenta non una specifica tipologia di insediamento ma una unità territoriale (Capogrossi Colognesi 2002; Tarpin 2002, p. 183-229), strutturata “sul piano ideologico e istituzionale come un contenitore” (Sisani 2011, p. 601). La sua funzione è quella di inquadrare territorialmente e istituzionalmente le diverse realtà materiali sulle quali si articola la vita economica e sociale dei pagani: campi (agri, praedia, fundi), abitazioni (villae, aedificia), villaggi (vici, castella), luoghi di riunione (fora, conciliabula), santuari (fana, delubra, compita). Tutte queste realtà sono infatti “accomunate dalla distribuzione a carattere sparso all’interno di contesti territoriali non urbanizzati” (Sisani 2011, p. 601). Si tratta dunque di distretti amministrativi alternativi alla città, formati da diverse realtà insediative prive di autonomia politica e funzionali alla ripartizione della popolazione rurale per le operazioni di controllo dei funzionari in occasione delle leve militari o della riscossione dei tributi e di riunione per le festività comuni (Sisani 2011, p. 606). Allo stesso tempo il pagus rappresenta uno strumento della città per l’amministrazione del suo territorium, laddove può essere utilizzato per l’individuazione dei fundi dei singoli possessores e anche le varie realtà territoriali (prati comuni, silvae, terre dei santuari, ager publicus etc.) presenti nell’agro di una città, dal momento che non tutte le terre sono centuriate (Tarpin 2014b). Se la forma legata alla centuriazione del territorio viene utilizzata per la definizione dei fines in caso di processo, l’indicazione del pagus viene usata per il census, il pagamento delle tasse e l’individuazione di un fundus di un determinato possessor, come ricorda Ulpiano (Ulpianio, Digestus, L, 15, 4; Tarpin 2014b). Come è stato bene evidenziato “si deve supporre che la divisione della città in pagi sia stata una misura generale” (Tarpin 2014b, p. 204), in pratica un “disegno in qualche modo parallelo alla catastazione delle terre centuriate e, rispetto a questa, ancora più comprensivo” (Capogrossi Colognesi 2002, p. 208) che “abbracciava insieme le antiche proprietà all’interno delle centurie delle colonie e dei municipi – nonché di terre attribuite viritim” (Capogrossi Colognesi 2002, p. 207).
-
[80]
Nel primo caso l’integrazione dei pochi dati archeologici dovuti a ricognizioni di superficie con una rapida analisi geomorfologica sembra suggerire una certa stabilità dei terrazzi alluvionali e di conseguenza poche modificazioni devono avere interessato questo tratto di valle. Non vi sono quindi elementi per definire necessario un controllo antropico di tale area. Gli unici elementi a favore di un confine qui, potrebbero essere rappresentati da un antico percorso secondario, di collegamento tra l’entroterra e la costa, che sfruttava la vallecola del torrente Nevola e legato a un punto di guado sul fiume Misa, forse ricordato dal toponimo ianula, nel senso di “porta” e quindi “guado”, attestato nei documenti medievali nella zona di Bettolelle, poco a valle della confluenza Nevola-Misa.
-
[81]
Dall’Aglio 1987; Silani 2017.
-
[82]
Baldetti 1981; Baldetti 1988.
-
[83]
Lepore, Galazzi, Silani 2014 e bibliografia citata.
-
[84]
Di Cocco 2003; Campagnoli, Di Cocco, Giorgi 2009, p. 255-271.
-
[85]
Ciuccarelli 2015.
-
[86]
Ciuccarelli 2015.
-
[87]
Nello studio delle persistenze centuriali a sud di Senigallia, grandi difficoltà presenta la ricostruzione del tratto costiero sia nella definizione della viabilità sia delle divisioni agrarie. In assenza di uno studio paleoambientale di dettaglio, l’avvicinarsi delle propaggini collinari alla linea di costa e la presenza documentata fino al xviii secolo di paludi costiere e saline, non lasciano spazio alla definizione di un reticolo centuriale certo.
-
[88]
Bandelli 2005.
-
[89]
Ciuccarelli 2015, p. 391.
-
[90]
Alfieri, Gasperini, Paci 1985.
-
[91]
Plinio, Naturalis historia, III, 112-114.
-
[92]
Alfieri, Gasperini, Paci 1985, p. 48.
-
[93]
Si veda Tarpin in questo stesso volume.
-
[94]
Jaia 2014.
-
[95]
Bandelli 2003, p. 218.
-
[96]
Tuttavia, che gli interessi di Roma non fossero solo commerciali ma anche politici è ipotizzabile sulla base della relazione diplomatica tra il Senato e un’ambasceria di Apollonia del 260 a.C., a quando probabilmente risalgono anche i primi contatti con la colonia greca di Lissa, presupposto della sua invocazione di aiuto contro i pirati illirici nel 230 a.C. e del successivo intervento romano. In questo quadro di più ampio respiro della politica adriatica di Roma avranno certamente avuto un ruolo significativo anche le colonie marittime della costa adriatica e i trattati di alleanza stipulati con città lungo la costa a sud del delta del Po come Ancona e sicuramente dal 268 a.C. la fondazione della colonia latina di Ariminum (Bertrand 2013). La volontà di acquisire il predominio sulle rotte e sui traffici adriatici è inoltre testimoniato dalla campagna nella penisola salentina dopo la vittoria su Pirro e Taranto, volta al controllo di Brindisi, il porto più favorevole per i traffici con l’Illirico e la Grecia, che si concretizzò poi con la fondazione della colonia latina nel 244 a.C. (Bandelli 2003, p. 217).
-
[97]
Bandelli 2005.
-
[98]
Sisani 2007; Sisani 2009.
-
[99]
Bandelli 2005; Sisani 2007, p. 187-204.
-
[100]
Giorgi 2010a; Giorgi 2010b.
-
[101]
Bandelli 2005.
-
[102]
Sisani 2007, p. 55.
-
[103]
A tal proposito sono stati rinvenuti materiali repubblicani in corso di studio proprio nelle prime propaggini collinari a sud-ovest di Senigallia, nell’area del futuro monastero di San Gaudenzio, forse relitto di un importante nucleo insediativo anche in età romana.
-
[104]
In merito alle recenti analisi delle divisioni agrarie della valle del fiume Potenza si veda Corsi, Vermeulen 2010 e Vermeulen in questo volume.
-
[105]
Per la definizione di nuclei insediativi all’interno del territorio delle colonie latine nelle prime fasi di occupazione del territorio si veda Pelgrom 2008. Va tuttavia sottolineato come per le colonie latine l’elemento indigeno avrà certamente contribuito a delineare in larga parte tale modello insediativo.
-
[106]
Cf. bibliografia nota 78.
-
[107]
Cf. Sisani 2011 e infra nota 126.
-
[108]
Lepore, Galazzi, Silani 2014, p. 61.
-
[109]
Tarpin 2014b.
-
[110]
Lo Schiavo 1991.
-
[111]
Di Cocco 2003, p. 94 e bibliografia citata.
-
[112]
Bandelli 2008b, p. 187.
-
[113]
De Maria, Giorgi 2013.
-
[114]
Lepore, Galazzi, Silani 2014, p. 56; Ciuccarelli 2015, p. 390 e bibliografia citata.
-
[115]
Liber Coloniarum, I, p. 226, 9-12 (Lach.); Liber Coloniarum, II, p. 258, 10-12 (Lach.).
-
[116]
Alfieri, Gasperini, Paci 1985, p. 48.
-
[117]
Paci 1996-1997.
-
[118]
Lepore 2014.
-
[119]
Alfieri, Gasperini, Paci 1985.
-
[120]
Paci 1996-1997.
-
[121]
Di Cocco 2003, p. 96. A tal riguardo va sottolineato come il territorio di Pisaurum con un’estensione di circa 250 kmq (Campagnoli 1999, p. 81-99), fosse di dimensioni inferiori rispetto al territorio di Sena Gallica. Se consideriamo inoltre come le piane alluvionali fossero limitate alla destra idrografica della bassa valle del fiume Conca e alla valle del fiume Foglia-Pisaurus, già in antico esempio di instabilità idraulica, è dunque plausibile che la colonia di Pisaurum avesse la necessità di acquisire ulteriori territori per le diverse assegnazioni ai veterani di età triumvirale-augustea.
-
[122]
Anche nella divisione in regiones d’età augustea.
-
[123]
Di Cocco 2003, p. 95.
-
[124]
CIL XI, 6211.
-
[125]
Cf. Gagliardi 2015.
-
[126]
Pasquinucci, Menchelli, Ciuccarelli 2007; Pasquinucci, Menchelli, Ciuccarelli 2009.
-
[127]
Stek 2009; Sisani 2011, p. 606-607. Se la ricostruzione delle dimensioni di 20 kmq per il pagus di Madonna del Piano cogliesse nel segno – compatibile con le informazioni desumibili dall’unica testimonianza epigrafica al riguardo ovvero il catasto epigrafico di Volcei e con le dimensioni ricostruibili per le realtà paganiche documentate per via letteraria ed epigrafica nei territori dei centri municipali e coloniali di Concordia, Nola, Beneventum, Placentia e Veleia (Sisani 2011, p. 602-604) – si potrebbe ipotizzare la presenza all’interno dell’ager Senogalliensis, così ricostruito con un’estensione di circa 290 kmq, di un numero di pagi pari a 14-15.
-
[128]
Si vedano a Bertrand 2015.
-
[129]
Torelli 1988.
-
[130]
Una sintesi è in Lepore 2014.
-
[131]
Si veda Jaia 2014 che valorizza l’aspetto difensivo delle coloniae maritimae, anche in rapporto con i santuari che contestualmente vengono fortificati.
1La fondazione di una colonia è un’operazione complessa: non è solo un fenomeno urbanistico o giuridico o militare o politico, ma un insieme di tutti questi aspetti. E, come stanno dimostrando da tempo gli studi nel campo delle apoikiai di ambito magno greco e siceliota, una delle chiavi di lettura più importanti di tutto il fenomeno coloniale antico, al di là delle cronologie, è il nesso che si viene a creare tra la nuova città e il suo territorio. [1] Anche nel mondo romano, con tutta evidenza, si tratta di due aspetti di un unico processo: la deduzione di una colonia non può essere disgiunta dalla divisione e strutturazione dell’ager di pertinenza.
2Tuttavia se per le colonie di diritto latino la coesistenza (e dunque la progettazione unitaria) del rapporto colonia-ager è prevista già al momento della fondazione (anche per la stessa concezione come nuova città vera e propria), [2] per le colonie di diritto romano le fonti non sono altrettanto chiare e univoche e soprattutto sembrano mostrare una situazione molto differente tra le prime colonie fondate sul Tirreno nel corso del iv secolo a.C. e la “seconda generazione” di colonie di ii secolo a.C., molte delle quali si trovano in Adriatico, in una situazione, anche ambientale, del tutto diversa. Una delle principali conseguenze di tale lacuna documentaria è la “solita” ricostruzione delle più antiche colonie di diritto romano, ampiamente entrata in letteratura, come piccoli avamposti a carattere quasi esclusivamente militare, strutturati sul modello castrense e, nel caso migliore, con un poco esteso territorio collegato all’esiguo numero di coloni (solo 300 nelle attestazioni più antiche). [3]
3Ora, una rilettura delle fonti potrà essere molto utile: se non ci concentriamo solo sul numero di coloni (riportato con precisione solo in un caso di fine iv secolo a.C. e poi nelle colonie di ii secolo a.C.), il dato che emerge con chiarezza è che anche per le colonie maritimae la progettazione politica prevede la divisione e distribuzione di un ager.
4Il primo esempio è costituito senza dubbio da Terracina, colonia del 329 a.C.: Livio ricorda che Eodem anno Anxur trecenti in coloniam missi sunt; bina iugera agri acceperunt. [4] La situazione non sembra cambiare neppure nelle colonie di diritto romano degli inizi del ii secolo (194 a.C. Puteoli, Volturnum, Liternum, Salernum, Buxentum), dove le fonti ci confermano la presenza di un ager già divisus, al momento della fondazione della colonia: Ager divisus est, qui Campanorum fuerat. [5] I casi di Pisaurum e Potentia del 184 a.C. sono ancora più chiari: Eodem anno coloniae duae, Potentia in Picenum, Pisaurum in Gallicum agrum, deductae sunt. Sena iugera in singulos data. Diviserunt agrum coloniasque deduxerunt iidem tresviri, Q. Fabius Labeo (praet. 189, cos. 183), et M. (?) et Q. (cos. 153?) Fulvii, Flaccus et Nobilior. [6]
5Appare dunque ovvio che, nonostante la lacuna documentaria sulle colonie di diritto romano del iii secolo a.C., si nota una costante volontà di collegare ogni nuovo insediamento a un suo ager di pertinenza. Si nota anche una tendenza ad aumentare sempre più l’estensione dei lotti divisi (dai 2 iugera delle fasi iniziali ai 10 iugera del ii secolo a.C.), anche se il dato principale sembra essere quello della variabilità e adattabilità alle diverse situazioni. [7] Questo discorso si dovrà applicare anche al numero dei coloni che, al di là delle valenze simboliche e delle citazioni “romulee”, doveva dipendere, con grande probabilità, dalle singole situazioni politiche e dalle necessità operative. [8]
6Ne emerge un quadro in cui anche le colonie di diritto romano non devono necessariamente avere le ridotte dimensioni di un avamposto militare (pur mantenendo costante la connotazione marittima), mentre possono avere da subito un ager di pertinenza che, all’arrivo dei coloni, era già stato in qualche modo misurato, diviso e assegnato.
7La lacuna documentaria del corso del iii secolo a.C. può essere colmata con la documentazione di Sena Gallica: la ricostruzione del “paesaggio coloniale” al momento della deduzione della prima colonia di diritto romano in Adriatico agli inizi del iii secolo a.C., infatti, sta mettendo in luce numerose “anomalie” che verranno trattate di seguito e che sembrano presentare una situazione del tutto differente dal classico quadro della colonia di diritto romano come piccolo avamposto militare dedotto in territorio nemico (mentre sembra piuttosto avvicinarsi alla forma di una colonia di diritto latino). È probabile dunque immaginare anche in questo caso un grande progetto unitario (magari non perfezionato in tutte le sue parti) che prevedesse da subito un centro urbano ben strutturato come riferimento di un ampio ager.
I- La citta’ (G. Lepore)
8Le nuove ricerche su Senigallia hanno condotto alla creazione di una nuova base cartografica, una vera e propria carta geoarcheologica che riuscisse a rappresentare il paleosuolo su cui i coloni romani hanno iniziato le operazioni di deduzione della nuova colonia [9] (fig. 1). Il sito selezionato dai romani era una platea poco rilevata sul livello del mare (solo 5 m) e interamente circondata dalle acque: a ovest e a nord il fiume Misa, a sud il torrente Penna e a est la linea di costa che, ovviamente, era decisamente arretrata rispetto a quella attuale. Tale “protezione acquea” determinava già da sola un sito relativamente sicuro su tutti i lati, con un unico accesso per via terrestre da sud che, non casualmente, sarà quello che subirà i primi e più significativi interventi edilizi. [10]
Figura 1:Sena Gallica: ricostruzione del paleosuolo d’età romana.
Figura 1:Sena Gallica: ricostruzione del paleosuolo d’età romana.
9In realtà una della più significative novità delle nuove ricerche è rappresentata dalla prova archeologica che la fondazione della colonia non avvenne ex nihilo ma a scapito di un insediamento precedente: gli scavi di Via Cavallotti, infatti, hanno dimostrato che in un’area a ridosso dell’ansa del Misa doveva esistere un nucleo – non sappiamo per ora quanto vasto – di abitazioni precedenti all’arrivo dei romani. [11] Una di queste è stata in parte messa in luce: la tecnica edilizia denota una cultura e una tecnologia totalmente diversa da quella romana (travi dormienti, alzato in opera a graticcio ed altro ancora), tipica degli ambienti umidi e palustri. Anche i materiali rinvenuti confermano l’esistenza di una fase preromana, collocandosi in una cronologia compresa tra la fine del v e il corso del iv secolo a.C. (fig. 2). Difficile tentare una definizione etnica (anche se è forte la tentazione di individuare un orizzonte “gallico” proprio nell’ager Gallicus). Tuttavia il rinvenimento di un graffito (anche se in stratigrafie posteriori, riferibili al ii secolo a.C.) può gettare nuova luce su un insediamento che poteva essere composito (Umbri, Piceni, Galli etc.) e avere carattere emporico. [12]
Figura 2:Sena in età preromana.
Figura 2:Sena in età preromana.
10La ricostruzione dell’area occupata dalla nuova colonia si basa sul rinvenimento di un tratto delle mura urbane e sul posizionamento di tutte le strutture e dei materiali riferibili alle fasi iniziali: il quadro che emerge è quello di un’area urbana vasta, che sfrutta al massimo le potenzialità della platea che, poco prima, era stata “bonificata” dalle preesistenze [13] (fig. 3). E questo dato, anche dal punto di vista strategico, è perfettamente comprensibile: Nereo Alfieri collocava la colonia nel settore verso mare, lasciando uno spazio tra il fiume e la colonia che poteva essere sfruttato dagli assedianti. [14] La nuova collocazione, invece, appare più consona alla geomorfologia e alla strategia insediativa in un territorio nemico.
Figura 3:Sena Gallica: ipotesi ricostruttiva dell’assetto urbano della colonia.
Figura 3:Sena Gallica: ipotesi ricostruttiva dell’assetto urbano della colonia.
11Più difficile, invece, determinare il limite est dell’insediamento. A livello di ipotesi è stato individuato, grazie alle indagini geosismiche, un dislivello che corre parallelo all’attuale corso II Giugno: è probabile che in una prima fase sia stata sfruttata questa scarpata, magari attraverso una fortificazione in materiali deperibili (una semplice palizzata?) oppure anche non mettendo in opera alcuna fortificazione (e in questo caso si sfrutterebbe l’area paludosa antistante come una sorta di “fortificazione passiva”). Alcuni confronti (Ariminum) possono avvalorare anche l’ipotesi di un lato mare non subito fortificato: [15] ovviamente con l’ingrandimento della città e con la strutturazione del suo porto-canale la situazione dovette cambiare radicalmente. [16]
12Sul lato meridionale della nuova colonia siamo più informati: lo scavo di Via Baroccio ha messo in luce un ampio tratto del circuito murario di età romana che, ancorché spogliato a partire dal Medioevo, rappresenta comunque l’atto iniziale della colonia. [17] Le mura repubblicane erano larghe 2.60 m e dovevano essere costituite da una zoccolatura in blocchi di calcarenite di colore giallo (a. 3.50 m), probabilmente di cava locale, con un alzato (ipotizzabile) anche in materiali deperibili (legno e argilla). [18] All’interno correva un terrapieno e una via intramuranea.
13Sappiamo che le mura romane di Senigallia restarono visibili per tutto l’alto Medioevo, quando si iniziò a smantellarle (almeno per quanto riguarda l’alzato). [19] È probabile poi che l’asportazione definitiva iniziò con la ricostruzione della città alla metà del 1400 attuata da Sigismondo Malatesta che, alla metà del xv secolo, ordina che “si smantellassero le antiche mura, ch’erano sul fiume dietro l’Osteria della posta, la chiesa di S. Maria del Portone, e nel letto della Penna […] accortosi che la città antica era troppo vasta […]”. [20]
14Lo stesso scavo di Via Baroccio ci informa, poi, su un altro aspetto particolarmente importante, collegabile con i primissimi anni della conquista romana: nella parte orientale dello scavo (e dunque all’interno del circuito murario) è stato rinvenuto un santuario riferibile interamente a un orizzonte romano o laziale con due fasi principali. [21] Dapprima il culto, caratterizzato dall’assenza di forme architettoniche strutturate, si concentra su diversi altari con escharai (ne sono state rinvenute due) e bothroi (almeno uno). I materiali più antichi di questa prima fase si datano tra la fine del iv e gli inizi del iii secolo a.C. Dopo poco il santuario assume forme più monumentali, in stretta relazione con la realizzazione delle mura urbane: il cippo in situ viene inglobato in un sacello di forma rettangolare, caratterizzato da due aperture poste lungo un asse centrale. È molto probabile che l’edificio non fosse coperto. Le offerte e i materiali di questa fase si datano dal pieno iii al i secolo a.C. Sembra dunque che esistano due fasi edilizie (molto ravvicinate) durante la nascita della colonia: a una fase iniziale, relativa forse alla delimitazione rituale della futura area dell’insediamento attraverso una serie di horoi (uno è stato intravisto negli anni Sessanta del Novecento nell’area della Rocca Roveresca), che vengono opportunamente sacralizzati, succede una fase monumentale in concomitanza con la nascita “ufficiale” della colonia (e dunque con la realizzazione dell’impianto murario). Il nuovo santuario, comunque, dedicato a una o più divinità (che per ora restano ignote), andava a sacralizzare – e dunque proteggere – l’unico punto di accesso alla platea alluvionale su cui sta sorgendo la città.
15L’immagine, dunque, che emerge dall’analisi dei dati riferibili ai primissimi anni dell’area urbana è quella di una colonia concepita su vasta scala, ad occupare tutto lo spazio disponibile nel sito prescelto (se la nostra ipotesi è giusta si tratta di 18 ha). Le prime operazioni attestate archeologicamente agli inizi del iii secolo a.C. sono le seguenti: la bonifica dalle preesistenze (scavi di Via Cavallotti), la costruzione delle mura (scavi di Via Baroccio) e la “messa in sicurezza” del principale accesso alla città (santuario di Via Baroccio). Al corso del iii possiamo poi riferire il tracciato urbano (con alcune fondamentali infrastrutture idrauliche: la fogna di Piazza Garibaldi [22]) e le prime domus di tipo “romano”, con tutti gli indicatori culturali della nuova classe dirigente (pavimenti in cocciopesto, pitture di primo stile, etc.) (scavi nell’area della Fenice [23]).
16Anche se ancora nulla sappiamo del Foro e della dotazione monumentale (soprattutto pubblica) della nuova città, possiamo tuttavia ricostruire un paesaggio urbano ben strutturato e pronto a sostenere la sfida di una nuova civitas all’interno di un territorio ostile (anche se in corso di “pacificazione”). [24]
17Un’ultima considerazione in merito alla doppia datazione della colonia attestata dalle fonti antiche: Livio colloca la fondazione dopo il trionfo di M. Curio Dentato (290 a.C.), mentre Polibio, più vicino ai fatti, colloca l’avvenimento dopo la vittoria di Dentato contro i Senoni (284 a.C.). [25] Alla luce delle considerazioni svolte da Michel Tarpin in questo volume sembra invece del tutto possibile che le due date attestate per la fondazione della colonia possano riferirsi a due momenti diversi della creazione della nuova entità urbana: dapprima il lavoro dei triumviri insieme ai gromatici, mentre si perfezionava l’iscrizione nelle liste dei coloni (negli anni immediatamente successivi alla battaglia di Sentinum). In un secondo momento, ma a distanza ravvicinata, l’arrivo del corpo civico e la deductio ufficiale, con l’atto formale che decreta la nascita della colonia. [26]
II- L’ager (M. Silani)
18La ricostruzione dell’originario impianto urbano di Sena Gallica appena illustrata si discosta dunque dal “tradizionale” modello delle piccole colonie marittime di fine iv-inizi iii secolo a.C. da tempo accettato in letteratura e ora messo in discussione da diversi studiosi. [27]
19Al pari dell’area urbana anche l’ipotesi ricostruttiva dell’estensione dell’ager della colonia sembra suggerire un’ampia superficie pari a circa 290 kmq (fig. 4). A un centro programmato per essere un avamposto militare nella forma giuridica di colonia di diritto romano, si affiancherebbe dunque, fin da subito, anche la funzione di colonia di popolamento, a riprova della flessibilità che caratterizza la politica di Roma quando per la prima volta si affaccia in area adriatica. [28] Una presa di possesso del territorio non solo militare ma soprattutto agraria con l’assegnazione di terre ai coloni, quasi certamente non in numero di 300 [29] e probabilmente con assegnazioni superiori ai bina iugera di tradizione romulea. [30]
Figura 4: Ipotesi ricostruttiva dell’estensione dell’ager Senogalliensis.
Figura 4: Ipotesi ricostruttiva dell’estensione dell’ager Senogalliensis.
20Territorio coloniale – dove per “coloniale” si intende qui “della colonia di Sena” – che doveva essere definito e delimitato al momento della deduzione all’interno dell’ager Gallicus, già pacificato e acquisito quale ager publicus populi Romani, anche senza lo sterminio dei Galli Senoni. [31] A queste considerazioni già avanzate da alcuni precedenti studi per lo più sulla base dell’analisi di carattere storico, [32] si aggiungono ora una serie di considerazioni topografiche e di indizi archeologici che attraverso una lettura diacronica permettono di avanzare una nuova ipotesi ricostruttiva dell’ager Senogalliensis.
Le fonti scritte
21Nella definizione dei limiti e dell’estensione del territorium [33] della colonia di Sena Gallica, di poco aiuto sono le fonti scritte, già di per sé scarne per la città stessa. [34] Le uniche informazioni a nostra disposizione sono relative al periodo triumvirale sulla base dei relativi passi del Liber Coloniarum:
Ager Firmo Piceno limitibus triumviralibus in centuriis est per iugera ducena adsignatus. Ager Senogalliensis et Potentinus, Ricinensis et Pausulensis, item sunt adsignati. [35]Sinogalliensis ager lege triumvirale est assignatus limitibus et centuriis, terminibus atque rivis, sed et aliis signis quae in libro conditionum Italiae agrorum leguntur. [36]
23Si tratta quindi di un momento storico assai distante dalla deduzione della colonia, periodo per altro caratterizzato da un forte impulso coloniario in tutta la regione marchigiana, legato all’assegnazione di terre ai veterani di Antonio prima e Ottaviano poi. [37] Il dato fondamentale resta tuttavia la testimonianza di un territorio diviso e assegnato con una centuriazione canonica di 20 actus.
Storia delle ricerche
24Le ricerche topografiche condotte a partire dalla fine degli anni Ottanta – inizio anni Novanta hanno confermato la presenza di persistenze centuriali nella bassa valle del fiume Misa, alla cui foce venne dedotta Sena Gallica, e anche più a nord nella limitrofa valle del Cesano, riconducibili proprio a centurie di 20 actus di lato e col medesimo orientamento. É stato dimostrato come le centuriazioni individuate nelle due vallate, orientate secundum natura loci, fossero pertinenti a un unico sistema centuriale. [38] A completare il quadro dell’assetto agrario delle due vallate l’analisi topografica metteva in evidenza l’esistenza di altri due blocchi centuriali presenti nell’area delle medie valli dei fiumi Misa e Cesano, questa volta con orientamento differente. Nel primo caso la limitatio veniva attribuita al centro urbano di Ostra, nel secondo caso alla città di Suasa, in entrambi i casi municipia di tardiva costituzione come confermato dall’assetto amministrativo a carattere duovirale. [39] La differenza di orientamenti, oltre che un adattamento alla situazione morfologica, [40] veniva ricondotta a una distinzione amministrativa tra i tre centri di Sena Gallica, Suasa e Ostra, “quanto meno dall’età augustea in poi” [41](fig. 5).
Figura 5: Rielaborazione della ricostruzione degli impianti centuriali delle valli dei fiumi Misa e Cesano secondo Dall’Aglio 1991.
Figura 5: Rielaborazione della ricostruzione degli impianti centuriali delle valli dei fiumi Misa e Cesano secondo Dall’Aglio 1991.
Il problema cronologico
25Il problema di una definizione cronologica più precisa rimaneva in ogni caso aperto. Tuttavia è stato di recente evidenziato come il legame tra eventi naturali e/o fattori storici precisi, “che possano effettivamente tradursi in nuove ridistribuzioni di terre” è alla base quindi del concetto che “la centuriazione è sempre un fatto storico”. [42]
26Le tappe della romanizzazione dell’ager Gallicus, anche alla luce delle recenti scoperte archeologiche, permettono di identificare alcuni punti chiave nella presa di possesso del territorio:
- fine iv secolo-295 a.C.: primi flussi migratori legati alla presenza di mercatores individuabili in diversi punti dell’alto Adriatico; [43]
- 295 a.C.: battaglia di Sentinum; [44]
- 284 a.C.: l’ager Gallicus diventa ager publicus populi Romani a seguito delle conquiste di Manio Curio Dentato; [45]
- 290-284 a.C.: fondazione della colonia di Sena Gallica e prime assegnazioni di terre ai coloni;
- 284-268 a.C.: fenomeni di occupatio: immigrazioni libere a cui segue lo stanziamento e l’occupazione di estensioni territoriali di ager publicus in aree non riservate alle fondazioni coloniarie. [46] Prime forme di insediamento (conciliabula) a Suasa, [47] Cattolica, [48] e anche luoghi di culto come testimoniato dal noto Lucus Pisaurensis, precedente alla fondazione di Pisaurum. [49] Frequentazioni precoloniali a Rimini [50] e presenza di genti romane a Ravenna; [51]
- 268 a.C.: fondazione della colonia di Ariminum;
- 268-232 a.C.: occupatores nella valle del fiume Esino: officine del conciliabulum/forum di Aesis [52] e del vicus di Angeli di Mergo; [53]foedus con la città umbra di Ravenna [54] e influenza romana negli interventi urbanistici realizzati nella città; [55]
- 232 a.C.: Lex Flaminia de agro Gallico et Piceno viritim dividundo: sancisce l’assegnazione viritana, ovvero a singoli beneficiari distribuiti nelle campagne divise in lotti, senza la fondazione contemporanea di centri urbani, delle ampie porzioni di ager publicus populi Romani ancora libere dopo la fondazione delle colonie di Sena Gallica e Ariminum nel territorio sottratto ai Galli Senoni e di Firmum in quello confiscato ai Picenti. [56] Definizione di centri di riferimento per la creazione delle praefecturae (comparti giudiziari che comprendono tutte le comunità di cittadini romani sottoposti all’autorità dei prefetti inviati da Roma [57]);
- 220 a.C.: apertura della via Flaminia lungo la valle del fiume Metauro con destinazione finale Rimini (che “taglia fuori” la valle del Misa dove sorgeva Sena Gallica per puntare più direttamente a nord).
28Negli ultimi anni un’analisi topografica multidisciplinare e una lettura storica approfondita hanno quindi permesso di attribuire un ruolo sempre più rilevante e decisivo alla Lex Flaminia de agro Gallico et Piceno viritim dividundo del 232 a.C. nella strutturazione del territorio marchigiano. A questo provvedimento in un periodo a cavallo del 232 a.C. viene dunque ricondotto il tracciamento della centuriazione nei territori dei futuri municipi di Suasa e Ostra, centri che in questa fase si saranno strutturati con ogni probabilità quali sede di praefecturae. [58]
Le recenti ricerche
29Tuttavia recenti ricerche hanno ora modificato il disegno ricostruttivo degli impianti centuriali nei territori di Suasa e Ostra.
30Nel centro di Suasa lo scavo di un nuovo asse stradale databile su base stratigrafica per lo meno al ii secolo a.C. e divergente rispetto al principale asse viario urbano – decumano massimo nella ricostruzione della pertica suasana finora estesa solamente alla destra idrografica del fiume – ha permesso di ipotizzare e ricostruire un nuovo disegno centuriale. Secondo uno schema orientato su tale asse viario, le persistenze si estendono alla sponda sinistra del fiume e soprattutto si inseriscono nella nuova pertica anche diversi tratti della principale viabilità valliva. [59] Una divisione così organizzata doveva contribuire a una migliore gestione del territorio adattandosi alla morfologia di questo tratto di valle e soprattutto al percorso che il fiume Cesano doveva avere nel iii secolo a.C. [60]
31L’elemento più significativo risiede tuttavia nel fatto che il catasto così ricostruito presenterebbe il medesimo orientamento della pertica di Sena. Dato che le assegnazioni viritane del 232 a.C. precedettero di poco la strutturazione del sistema stradale della via Flaminia (220 a.C.) “si potrebbe, infatti, ipotizzare una centuriazione unitaria estesa dalla bassa alla media valle del Cesano sin dalle prime fasi della romanizzazione e in parallelo con il potenziamento della viabilità”. [61]
32Una simile situazione potrebbe caratterizzare anche la media valle del fiume Misa. Sebbene le ricerche topografiche e le analisi geomorfologiche in questo caso siano in una fase iniziale, una recente revisione delle persistenze dei limiti centuriali ha permesso anche in questo caso di delineare un differente catasto per quanto riguarda la città di Ostra. Prolungando nell’entroterra senza soluzione di continuità e con il medesimo orientamento la pertica della colonia di Sena Gallica ricostruibile per la bassa valle, è stata riscontrata una singolare identità di orientamento con gli assi viari del municipium, laddove le strutture precedenti presentano tuttavia il medesimo orientamento di tali assi stradali, basolati a partire almeno dal i secolo d.C. [62] Sulla base di quanto ricostruito per il centro di Suasa, si è ipotizzata una prima “pianificazione” del centro di Ostra concomitante con un’iniziale strutturazione delle divisioni agrarie, anche in questo caso riconducibile alla colonizzazione viritana legata alla Lex Flaminia del 232 a.C.
33Se le ipotesi ricostruttive avanzate sulla base delle recenti ricerche venissero ulteriormente confermate, risulta evidente come la differenza di orientamento dei blocchi centuriali dei centri di Suasa e Ostra non costituisca più di fatto l’elemento principale per l’individuazione dei confini dell’ager Senogalliensis verso l’entroterra. Il nuovo assetto delle due vallate potrebbe dunque essere quale raffigurato in figura 6 (fig. 6).
Figura 6: Nuova ipotesi ricostruttiva degli impianti centuriali delle valli dei fiumi Misa e Cesano.
Figura 6: Nuova ipotesi ricostruttiva degli impianti centuriali delle valli dei fiumi Misa e Cesano.
34Sebbene allo stato attuale non vi sia ancora uno studio di dettaglio delle intere valli dei fiumi Misa, Cesano ed Esino, cercheremo ora di definire i confini del territorio di Sena Gallica, a partire da una preliminare analisi di carattere geografico e geomorfologico integrata da dati archeologici.
I confini dell’ager Senogalliensis: il limite settentrionale
35Dal momento che l’inserimento della bassa valle del fiume Cesano nell’ager di Sena Gallica risulta ormai certo sulla base dell’analisi degli impianti centuriali, l’ipotesi più probabile è che il confine settentrionale fosse rappresentato dal crinale spartiacque tra la valle del Cesano e quella del fiume Metauro più a nord. Non è da escludersi inoltre una progressiva sistemazione dei versanti collinari nei quali sono forse riscontrabili alcuni allineamenti significativi riconducibili alle divisioni agrarie. [63]
I confini dell’ager Senogalliensis: il limite occidentale (valle del fiume Cesano)
36Maggiori difficoltà presenta invece la definizione del limite interno occidentale che doveva attraversare le medie valli del Cesano e del Misa. Come noto, la prassi agrimensoria prevedeva che un elemento naturale, quale un fiume, potesse dividere due sistemi di organizzazione territoriale diversi e rappresentare quindi il confine tra due realtà amministrative differenti. [64] Nel caso di una singola valle tuttavia, il confine amministrativo poteva essere materializzato da un elemento naturale significativo, come un’importante variazione di direzione nell’andamento del corso fluviale.
37Nel caso del Cesano il punto più significativo nella geografia fisica della vallata è rappresentato dalla stretta morfologica di San Michele al Fiume, dove un ampio meandro segna un netto cambiamento nell’andamento dell’asta fluviale che si sposta bruscamente verso sud. Questa conformazione geomorfologica particolarmente condizionante, oltre a costituire una delle cause principali degli alluvionamenti della pianura fluviale retrostante tra età romana e alto Medioevo, [65] potrebbe quindi rappresentare un possibile elemento naturale utile per la definizione di un confine amministrativo.
38Tuttavia è utile sottolineare come non si tratti dell’unica variazione significativa nel corso del Cesano nell’area di media valle. I recenti studi hanno infatti permesso di ricostruire attraverso l’analisi delle fotografie aeree e delle indagini geomorfologiche e archeologiche la presenza in età romana di un ampio meandro nell’area di Madonna del Piano circa 3 km a valle rispetto la stretta di San Michele al Fiume, [66] in un punto dove l’unità terrazzata di III ordine sulla destra idrografica del Cesano, databile al Pleistocene superiore e dunque ampiamente stabile in età romana, si protende verso i terrazzi alluvionali coevi presenti lungo la sinistra idrografica. Tale situazione geografica risulta particolarmente favorevole quale punto per l’attraversamento del fiume. [67] La vocazione ad “area di guado” della zona di Madonna del Piano è da sempre testimoniata dal toponimo della medievale chiesa qui presente di Santa Maria in Portuno, per il richiamo alla divinità di Portunus, come noto legata nella tradizione romana anche agli attraversamenti e ai fiumi. [68]
39Per questo motivo le indagini archeologiche, condotte in quest’area da oltre 10 anni con un approccio diacronico e multidisciplinare, [69] si sono concentrate dapprima nel sito della chiesa medievale e successivamente, data la distanza della chiesa dall’attuale corso del fiume Cesano, si sono allargate nel corso degli anni anche nei terrazzi sottostanti l’edificio religioso e hanno permesso di verificare e di proporre una prima ricostruzione dell’evoluzione del popolamento dell’area dall’età del Bronzo fino al periodo medievale. [70]
40Data l’assenza sia di un abitato sia di un asse viario, [71] a partire dal 2010 le ricerche si sono spostate in corrispondenza del limite dell’unità terrazzata di III ordine, già stabile all’inizio dell’età romana, nei pressi del possibile punto di attraversamento del fiume prima dell’ampio paleomeandro del fiume Cesano. [72]
41Le ricognizioni di superficie e le indagini non invasive prima e lo scavo poi, condotti all’interno di un’area di cava per la raccolta di ghiaia, hanno permesso di individuare in questo punto la presenza di significativi resti strutturali. É stata infatti documentata una sequenza stratigrafica che a partire dal iii secolo a.C. si sviluppa per lo meno fino al i-ii secolo d.C. Due gli elementi principali messi in luce dallo scavo:
- un asse viario non secondario e di una certa importanza per la viabilità valliva, [73] databile alla prima metà del iii secolo a.C., e “obliquo” rispetto al disegno della limitatio;
- un edificio di notevoli dimensioni che prima (iii e ii secolo a.C.) si affianca e poi (i secolo a.C.) occupa tale asse stradale, [74] edificio sin dalle prime fasi orientato come la pertica di Sena Gallica. [75]
43L’analisi di dettaglio ha infine permesso di avanzare un’ulteriore ipotesi, cercando di definire e comprendere l’intero contesto della zona di Madonna del Piano. La presenza di un insediamento sparso con destinazioni funzionali precise – aree produttive, settori di necropoli, edifici di gestione della viabilità terrestre e fluviale, aree di culto – in assenza di un insediamento a carattere “urbano” quale un vicus, ha suggerito, pur con tutte le cautele del caso in assenza di una documentazione epigrafica precisa, la definizione di questa realtà come pagus (fig. 7).
Figura 7: Viabilità e popolamento d’età romana nell’area del pagus di Madonna del Piano.
Figura 7: Viabilità e popolamento d’età romana nell’area del pagus di Madonna del Piano.
44A sostegno di questa ipotesi, oltre alle attestazioni epigrafiche di fine iii-inizi ii secolo a.C. provenienti dalla regione marchigiana, [76] si ricordano l’importanza delle strade all’interno dei pagi, indirettamente confermata dal passo di Siculo Flacco sul ruolo specifico dei magistri pagi nella cura delle viae vicinales, [77] sia il rapporto tra i confini dei singoli distretti e il ruolo dei medesimi magistri pagi nelle lustrationes pagorum [78] per la tutela sacrale dei confini stessi.
45La presenza di un pagus potrebbe quindi ben adattarsi a una realtà di confine soprattutto se in un punto importante di passaggio tra il territorio di pertinenza di una realtà amministrativa, la colonia di Sena, a un’altra, la prafectura/municipium di Suasa. [79]
I confini dell’ager Senogalliensis: il limite occidentale (valle del fiume Misa)
46Procedendo verso sud lungo il possibile limite occidentale dell’ager Senogalliensis, dalla valle del Cesano si incontra dapprima la vallecola del torrente Nevola, affluente di sinistra del fiume Misa, e successivamente il Misa stesso. Anche per questa vallata, analogamente a quanto descritto per la valle del Cesano, dal punto di vista del paesaggio naturale due sono i punti significativi che potrebbero essere stati presi come segni di un confine amministrativo.
47Il primo è legato alla confluenza del torrente Nevola con il fiume Misa, [80] mentre il secondo si trova nei pressi dell’attuale frazione di Pianello di Ostra. Allo stato attuale delle ricerche questa seconda possibile zona di confine sembra la più probabile. Qui infatti la valle tende a cambiare orientamento e il fiume si sposta decisamente verso la sua destra idrografica a ridosso delle colline. Per questo motivo la viabilità principale della valle, che dalla colonia di Sena si dirige verso l’entroterra passando per il centro di Ostra, attraversa ancora oggi il fiume Misa proprio in questo punto, passando dalla destra idrografica alla sponda sinistra. Con ogni probabilità tale viabilità, di tradizione protostorica, è stata dapprima sfruttata durante la presa di possesso del territorio da parte dei Romani e successivamente strutturata e legata al sistema stradale della via Flaminia. [81]
48Non è forse un caso che in quest’area, presso l’attuale confine tra i centri di Ostra e Senigallia, siano documentati diversi toponimi fondiari d’età romana e che tale territorio nel periodo alto-medievale sia di pertinenza di quest’ultima città, le cui proprietà saranno poi ereditate dalla chiesa di Ravenna. [82] La presenza di fundi in età medievale potrebbe essere il relitto di un sistema fondiario d’età romana basato sull’amministrazione per pagi.
49Una suggestione a favore di questa seconda ipotesi di confine è legata inoltre al ritrovamento in quest’area di un’epigrafe sepolcrale di tre liberti della gens Pupia, databile tra ii secolo a.C. e l’età sillana, attestata da altre due epigrafi di poco posteriori provenienti proprio da Senigallia. [83]
50Se allo stato attuale delle ricerche entrambe le possibilità rimangono plausibili, solamente nuovi dati potranno permettere di definire più precisamente il confine dell’ager Senogalliensis nella valle del fiume Misa.
I confini dell’ager Senogalliensis: il limite meridionale
51Se i precedenti confini sembrano individuabili pur con qualche margine di incertezza, il limite meridionale dell’ager Senogalliensis è allo stato attuale delle ricerche ancora più ipotetico. Non vi sono elementi certi e l’analisi storico-topografica presenta diversi punti deboli.
52Una lectio facilior del problema, legata a una rapida analisi della geografia fisica, potrebbe individuare il confine meridionale nel crinale spartiacque tra le valli dei fiumi Misa ed Esino.
53Questa lettura potrebbe bene adattarsi alla ricostruzione delle persistenze centuriali nella bassa e media valle dell’Esino, che ha messo in evidenza un’omogeneità di orientamenti tra la bisettrice di valle, l’impianto urbano del centro di Aesis e la cosiddetta via de Catastris, un lungo decumano della centuriazione nel basso Esino parallelo alla bisettrice di valle. [84] Gli studi fin qui condotti sulla centuriazione della valle esina attribuiscono infatti l’intera bassa valle alla colonia di Aesis.
54Una recente sintesi sul territorio del comune di Montemarciano, comune della bassa valle lungo la sinistra idrografica dell’Esino, ha tuttavia sottolineato una sostanziale identità di orientamento tra le persistenze della bassa valle del Misa e dell’Esino. [85] Ne risulterebbe che l’asse generatore della centuriazione della bassa valle del Misa fosse dunque isorientato con quello dell’Esino perché appartenente al medesimo territorium, ovvero il territorio della colonia di Sena. Allo stesso tempo, come viene evidenziato, l’identità degli orientamenti con l’area di media valle e l’impianto di Aesis, non permettono di attribuire tale territorio con certezza a nessuna delle due colonie. [86]
55Sarebbe necessario quindi verificare ulteriormente se l’omogeneità di orientamento delle persistenze centuriali della bassa valle esina rientri realmente nel modulo della scansione dei limiti centuriali a partire dalla valle del Misa o non sia data unicamente dalla conformazione geomorfologica comune alle basse valli dei fiumi delle Marche settentrionali con aste fluviali spostate verso sud e ampi terrazzi in sinistra idrografica, alla quale giustamente si adattano gli agrimensori romani. [87]
56Tuttavia una simile ricostruzione potrebbe essere avvalorata dall’analisi storica. Secondo una recente ipotesi, infatti, la fondazione della colonia di Aesis non dovrebbe ricondursi alla metà del iii secolo a.C. quanto piuttosto al ii secolo a.C., in un momento storico successivo alle prime fasi di romanizzazione dell’agro Gallico caratterizzate dalla deduzione di Sena Gallica. [88] Dunque si potrebbe effettivamente ipotizzare l’estensione della pertica centuriale di Sena Gallica fino alla foce del fiume Esino nel iii secolo a.C., a partire dalla quale con identità di orientamento viene poi realizzato il prolungamento verso l’entroterra, sul quale si incardina l’abitato di Aesis, come ipotizzato in precedenza per i centri di Ostra e di Suasa.
57Se così fosse la definizione del confine sarebbe anche in questo caso da ricercarsi in un elemento naturale significativo, che in questo caso potrebbe essere rappresentato da un affluente di sinistra del fiume Esino, il fosso Triponzio, che, come è stato evidenziato, nelle mappe del xv secolo “risulta un corso d’acqua rilevante del settore in esame e si addentra in direzione della valle del Misa, raccordandovisi tramite vallate trasversali”. [89]
58A queste considerazioni si potrebbero aggiungere alcuni elementi variamente richiamati già nei precedenti studi, indizi a sostegno di una possibile estensione dell’ager Senogalliensis alla bassa valle del fiume Esino.
59Quale primo elemento significativo va ricordato il carattere di confine svolto dallo stesso fiume Esino. Se già Nereo Alfieri nella sua analisi del noto documento epigrafico del Lapis Aesinensis metteva in dubbio che l’Esino potesse rappresentare il confine tra Sena Gallica e Ancona [90] affiancando la presenza di Aesis, di certo questo fiume da sempre ha costituito un limite fisico tra il nord e il sud delle Marche. Non a caso rappresenta lo stesso confine tra ager Gallicus et ager Picenus anche nella suddivisione in regiones d’età augustea. [91]
60Allo stesso tempo è lo stesso Alfieri che nella sua analisi topografica di dettaglio nella ricostruzione della seconda via Octavia in finibus Pisaurensium menzionata nel Lapis Aesinensis, [92] ipotizza che essa rappresenti in realtà un cardine delle divisioni agrarie posto all’estremità settentrionale della centuriazione esinate e sia quindi il limite verso mare di questa pertica, lasciando quindi parte del settore costiero fuori dal territorio di Aesis.
61Senza entrare nel dettaglio della ricostruzione della viabilità e delle relative conseguenze legate allo straordinario documento epigrafico del Lapis Aesinensis, come verrà ipotizzato nelle conclusioni di questo contributo, proprio la citazione di finibus Pisaurensium, potrebbe aggiungere un piccolo indizio nell’individuazione del confine meridionale dell’ager Senogalliensis.
Appunti per una conclusione (G. Lepore, M. Silani)
62Le ricerche condotte negli ultimi anni hanno decisamente cambiato il volto della colonia di Sena Gallica e del suo ager. Che la compagine di coloni inviati da Roma nella prima colonia dedotta in area adriatica, non fosse un piccolo e semplice contingente è ormai ipotesi condivisa sulla base di considerazioni storiche. É plausibile che già nei primi anni di attività dei tresviri coloniae deducendae tra i compiti loro assegnati vi fosse la definizione dei confini per la delimitazione del territorium della colonia e l’assegnazione di terre ai coloni stessi. [93]
63Maggior peso potrebbe quindi aver rivestito la funzione agraria e di popolamento di Sena Gallica, nel quadro della politica di espansione militare in area adriatica. La colonia viene dedotta in una regione, l’ager Gallicus, che seppur da poco agli inizi del iii secolo a.C. era parte dell’ager publicus populi Romani, grazie alle conquiste militari di Manio Curio Dentato.
64Il ruolo militare, che sicuramente Sena avrà rivestito, sarà dunque legato in una prima fase più a consolidare la presa di possesso del territorio piuttosto che a difendere le coste. [94] Se anche una politica adriatica non fosse stata ben definita in questi primi anni del iii secolo a.C., di certo non mancarono rapporti commerciali tra le due sponde adriatiche che coinvolsero cittadini romani, alleati latini e semplici foederati. [95] Tra le cause della guerra che portarono allo scioglimento del patto del 302 a.C. tra Roma e Taranto e alla presa della città stessa nel 272 a.C. vi fu probabilmente anche la volontà dell’Urbe di rafforzare i propri territori ormai estesi senza soluzione di continuità fino al Mare Superum e di conseguenza di avere la possibilità di raggiungerli via mare senza che il passaggio del Canale di Otranto le fosse precluso. [96]
65La necessità di delimitare e definire i confini della colonia già al momento della sua deduzione trova le sue motivazioni anche nelle dinamiche di occupazione dell’ager Gallicus nella prima metà del iii secolo a.C. In questo periodo, infatti, tale nuovo “far east” è molto probabilmente caratterizzato da fenomeni, più o meno spontanei, di occupatio [97] più che da colonizzazione viritane vere e proprie, a differenza di quanto avviene nei limitrofi territori dell’Umbria e della Sabina. [98] La presenza di occupatores provenienti da Roma e dal Lazio è ormai testimoniata anche dai dati archeologici per l’intero ager Gallicus. [99] É forse tale flusso di genti in arrivo dall’area tirrenica che porta alla formazione dei primi aggregati nelle forme di vici, fora e conciliabula, i più importanti dei quali diverranno poi sedi di praefecturae e nel corso del i secolo a.C. municipia o colonie.
66Nella prima metà del iii secolo a.C. Sena Gallica dovrà individuare i confini con le realtà presenti nell’entroterra, con il conciliabulum di Suasa [100] nella valle del fiume Cesano e con il conciliabulum [101] o forum [102] di Aesis nella valle dell’Esino (fig. 8).
Figura 8: I confini del territorio di Sena Gallica tra il 284 a.C. e il 232 a.C.
Figura 8: I confini del territorio di Sena Gallica tra il 284 a.C. e il 232 a.C.
67Un grande impegno sarà stato profuso, in queste prime fasi di vita della colonia, nella definizione dei confini e nel tracciamento delle divisioni agrarie per l’assegnazione di terre ai coloni. É probabile che la prima limitatio sia stata realizzata nella bassa valle del fiume Misa forse comprendendo le prime propaggini collinari, [103] come viene ipotizzato per la colonia più meridionale di Potentia. [104] Tuttavia, con ogni probabilità, la centuriazione di Sena Gallica venne allargata progressivamente con il medesimo orientamento alla bassa valle del fiume Cesano a nord e forse alla bassa valle dell’Esino a sud, dove non verranno costruiti centri urbani neppure nei secoli successivi.
68Nell’entroterra la determinazione dei confini verrà realizzata fin da subito attraverso un’attenta analisi delle forme del territorio, grazie all’esperienza degli agrimensori e finitores romani. Nei punti naturali di passaggio dalla bassa e media valle, ovvero da una zona caratterizzata da ampi terrazzi di fondovalle a un settore con versanti più acclivi, dove il fiume tende a cambiare la direzione del suo corso, verranno realizzati dei nuclei insediativi, [105] veri e propri capisaldi, nella gestione dei confini, della viabilità e delle proprietà fondiarie dei coloni sparsi nel territorio. In assenza di nuclei a carattere “urbano” (come vici), queste unità territoriali verranno definite sul piano ideologico e amministrativo come pagi, secondo una categoria pienamente romana. [106] La presenza di pagi all’interno del territorio di Sena Gallica è testimoniata dai dati archeologici provenienti dal contesto territoriale di Madonna del Piano, dove la presenza di un guado per l’attraversamento del fiume rappresenta un importante nodo di passaggio da una sponda all’altra della viabilità terrestre che dall’entroterra doveva raggiungere la costa. Strutture connesse al guado e alla viabilità (mansiones?), diverse strutture produttive, un’ampia area di necropoli e la testimonianza di un luogo di culto, oltre alle persistenze della limitatio della pertica di Sena, permettono di ipotizzare, pur in assenza di dati epigrafici, la definizione di un pagus con un’estensione di circa 20 kmq. [107]
69In via del tutto ipotetica, simili realtà potrebbero ricostruirsi nella media valle del fiume Misa, in corrispondenza di un tratto di valle dove i documenti medievali ricordano fundi con toponimi prediali probabilmente relitto di un sistema fondiario d’età romana [108] che forse aveva proprio nel pagus il suo criterio di individuazione nel territorio della colonia. [109]
70Allo stesso tempo, data l’importanza dell’elemento viario tra le mansioni dei magistri pagi, il quadro insediativo a carattere sparso documentato dai dati archeologici e l’identità di orientamento delle persistenze della centuriazione, si potrebbe avanzare l’ipotesi della presenza di due pagi nelle basse valli dei fiumi Cesano ed Esino. Qui infatti le fonti itinerarie ricordano due stationes, rispettivamente la statio di Ad Pirum [110] nella bassa valle del Cesano e di Ad Aesim [111] nella bassa valle dell’Esino, capisaldi di confine del territorio di Sena Gallica in assenza di altre realtà urbane.
71Una volta individuati grazie a questi capisaldi i confini del territorium della colonia, nel corso del iii secolo a.C. continuò probabilmente la definizione e strutturazione delle divisioni agrarie. La fondazione della colonia latina di Ariminum nel 268 a.C. prima e l’apertura della via Flaminia nel 220 a.C. poi, inizieranno uno spostamento del baricentro della politica espansionistica romana verso la Gallia Cisalpina, i cui risultati si vedranno nelle epoche successive.
72Tuttavia sarà proprio il plebiscito del 232 a.C. noto come Lex Flaminia de agro Gallico et Piceno viritim dividundo a significare un nuovo cambiamento nell’assetto antropico dell’ager Gallicus. L’arrivo di decine di migliaia di coloni, [112] cui assegnare a titolo individuale le terre, avrà necessariamente implicato la materializzazione di nuove divisioni sul terreno. É questo con ogni probabilità il momento in cui a partire dai confini della colonia di Sena, già materializzati, viene estesa la centuriazione alla media valle dei fiume Cesano, Misa ed Esino, in concomitanza con il potenziamento della viabilità valliva, da lì a un decennio legata al sistema stradale della via Flaminia. Viene dunque utilizzato lo stesso orientamento della pertica di Sena funzionale all’assetto idrografico e antropico delle tre vallate. Una prova in tal senso proviene dai nuovi dati archeologici di Suasa [113] e dall’analisi degli assetti urbani di Ostra ed Aesis che probabilmente iniziano una prima pianificazione “urbana” in questa fase acquisendo il medesimo orientamento. [114]
73Pianificazione e strutturazione dei centri urbani dell’entroterra, dei capisaldi del territorio di Sena e delle divisioni agrarie nel territorio che, dopo il rallentamento dovuto alla guerra annibalica, prosegue nel corso del ii secolo a.C.
74Sarà tuttavia con l’età triumvirale-augustea che l’ager Senogalliensis subirà nuove modificazioni e di certo assegnazioni con conseguenti divisioni agrarie, ora documentate anche dalle fonti. [115] Di queste modificazioni nel quadro territoriale di Sena si potrebbe individuare la testimonianza nel noto Lapis Aesinensis [116] di età triumvirale-augustea, dove i citati finibus Pisaurensium potrebbero documentare la presenza di un “enclave” territoriale della colonia di Pesaro all’interno della pertica di Sena Gallica, al pari di quanto noto da altri due documenti epigrafici databili allo stesso periodo provenienti dal territorio di Suasa. [117] La decisione di concedere parte del più estremo territorio di Sena Gallica alla colonia di Pisaurum si giustificherebbe con una colonia, quale quella di Sena, che dopo l’assedio del 82 a.C. non sembra vivere un forte impulso di ricostruzione e monumentalizzazione neppure nel periodo augusteo, [118] al contrario di quanto documentato dalla stessa archeologia per i centri più settentrionali di Fanum Fortunaei e della stessa Pisaurum. L’ipotesi di questa unità extraterritoriale di Pesaro già avanzata [119] e successivamente scartata negli studi precedenti, [120] e poi riproposta, [121] potrebbe quindi rappresentare un ulteriore indizio di estensione del territorio di Sena Gallica fino alla foce del fiume Esino, da sempre limite naturale di divisione tra agro Gallico e Piceno. [122] La stessa posizione di ritrovamento del Lapis Aesinensis, sostanzialmente in situ in prossimità dell’Esino d’età romana, [123] potrebbe costituire un segno di confine tra l’ager di Senigallia e il territorio di Aesis.
75In via ipotetica l’ultimo indizio della presenza di questa praefectura di Pesaro potrebbe essere testimoniato dalla menzione di incolae in una epigrafe proveniente genericamente da Senigallia databile al i secolo a.C., [124] a meno che non rappresenti il ricordo dei discendenti delle popolazioni indigene ancora presenti nel territorio. [125]
76In conclusione secondo la nostra ipotesi ricostruttiva l’ager Senogalliensis doveva estendersi per circa 290 kmq, abbracciando tre vallate contigue. A definire i confini fin dalle origini della sua fondazione una serie di capisaldi territoriali, definiti come pagi nel quadro dell’organizzazione amministrativa del territorium della colonia. Tale ipotesi ricostruttiva trova anche confronto nell’estensione territoriale di alcune delle limitrofe colonie di diritto latino presenti lungo la costa adriatica dedotte nel corso del iii secolo a.C. tra cui Firmum [126] e Ariminum, dove sono per altro documentati pagi nel territorio coloniale di quest’ultima [127] (fig. 9).
Figura 9: Confronto tra l’ager Senogalliensis e l’estensione territoriale delle limitrofe colonie di diritto latino presenti lungo la costa medio-adriatica dedotte nel corso del iii secolo a.C.
Figura 9: Confronto tra l’ager Senogalliensis e l’estensione territoriale delle limitrofe colonie di diritto latino presenti lungo la costa medio-adriatica dedotte nel corso del iii secolo a.C.
77Solamente nuove indagini topografiche e scavi archeologici nel territorio potranno confermare o smentire questo modello ricostruttivo e le ipotesi qui illustrate.
78E dunque, in conclusione, sembra davvero assodato il forte “carattere sperimentale” delle colonie di età repubblicana, risultato del pragmatismo non solo militare ma anche amministrativo di Roma, che adatta la propria politica alle diverse contingenze, senza voler imporre un rigido schema predefinito. Per troppo tempo la nostra visione del fenomeno coloniale è stata troppo uniforme e standardizzata, appiattita su una bipartizione (colonie di diritto romano/di diritto latino) che non rende merito della complessità della politica messa in atto da Roma durante le fasi più antiche della Repubblica. [128]
79Solo recentemente lo studio archeologico di singoli territori sta finalmente mettendo in luce la grande articolazione e la variabilità delle scelte adottate, sempre collegate a una ideologia comune di conquista. [129] In questo filone di studi si inseriscono anche le ricerche sulla colonia di Sena Gallica e, più in generale, sull’ager Gallicus al momento della conquista: la questione della “doppia datazione” della prima colonia di diritto romano in Adriatico, più volte segnalata in precedenti studi, [130] può essere dunque la spia di un fenomeno coloniale che procedeva in maniera intelligente (e forse anche cinica), con momenti di accelerazione e fasi di stasi, utilizzando tutte le “armi disponibili”. È infatti altamente probabile che in una prima fase, subito dopo la battaglia di Sentinum (290 circa per Livio) sia giunto sul luogo scelto per la fondazione di Sena Gallica un primo contingente che ha dato inizio ai lavori di bonifica (sia dalle preesistenze umane sia dall’acqua) e di divisione dell’ager. Poco dopo, a seguito delle vittorie di Dentato (283 circa per Polibio) viene ufficialmente dedotta la colonia, con l’arrivo dei coloni e l’assegnazione dei primi lotti di terreno in città e nell’ager coloniale il cui popolamento indigeno, almeno sulla base di quanto sappiamo oggi, non ha mai costituito un grande problema per i conquistatori. Il mondo piceno, tra iv e iii secolo a.C., infatti, non sembra organizzato in comunità forti e strutturate, ma piuttosto in nuclei sparsi, collocati in punti strategici e già in contatto (economico e culturale) col mondo laziale. Questo dato potrebbe aver fornito a Roma l’occasione per una revisione del progetto iniziale e magari per un ampliamento dei territori da inserire nell’ager coloniale.
80E parimenti, dopo le grandi assegnazioni viritane del 232 a.C., la politica di Roma sembra ancora cambiare a favore di un’attenzione ancora maggiore verso le fertili pianure della Gallia Cisalpina, come sembra dimostrare la scelta nel 220 a.C. di far passare la “nuova” arteria stradale di collegamento (la via Flaminia) nella valle del Metauro posta decisamente a nord rispetto alla valle su cui è sorta Sena Gallica. La storia successiva della città sembra confermare questo declassamento del valore militare, ben attestato sul versante tirrenico, [131] a vantaggio, però, di una preponderante funzione di popolamento (fig. 10).
Figura 10: Confronto tra le superfici intramuranee di Sena Gallica e delle colonie latine e romane del iv-ii secolo a.C. (rielaborazione da Sommella 1988, fig. 69).
Figura 10: Confronto tra le superfici intramuranee di Sena Gallica e delle colonie latine e romane del iv-ii secolo a.C. (rielaborazione da Sommella 1988, fig. 69).
Mots-clés éditeurs : Ager Senogalliensis, Pagus, Sena Gallica, Ager Gallicus, Colonia Romana
Date de mise en ligne : 14/09/2021
https://doi.org/10.3917/dha.hs23.0179Notes
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[1]
Sul mondo coloniale magno greco e siceliota si rimanda, per una sintesi, a Ceccoli, Stazio 1999 e Ceccoli, Stazio 2001; si veda anche Leone 2011 e Osanna 2015. Nella strutturazione del paesaggio coloniale magno greco e siceliota un ruolo fondamentale sarà rivestito dai santuari disseminati nel territorio di pertinenza di ogni apoikia: questi luoghi, al di là della funzione di caposaldo territoriale, dovevano costituire il luogo dell’incontro e dello scambio tra le comunità indigene e i nuovi arrivati. Si veda anche in proposito Stek 2009.
-
[2]
Si veda in proposito l’intervento di Michel Tarpin nel presente volume che fornisce, finalmente, un elenco completo delle fonti antiche sul tema dei “tempi” della fondazione.
-
[3]
Si veda, ad esempio, Gros, Torelli 1988, in part. p. 128, a partire dai fondamentali testi di E. T. Salmon: Salmon 1963; Salmon 1969.
-
[4]
Livio, VIII, 21, 10.
-
[5]
Livio, XXXIV, 45, 1-2.
-
[6]
Livio, XXXIX, 44, 10-11. Sulla vallata del fiume Potentia si rimanda ai lavori di Frank Vermeulen, per cui si veda da ultimo Vermeulen 2016 e Vermeulen in questo volume.
-
[7]
Per le fonti la sequenza delle assegnazioni dal iv al ii secolo a.C. sono: 2 iugera (Terracina), 6 iugera (Potentia e Pisaurum), 5 iugera (Mutina), 8 iugera (Parma), 10 iugera (Saturnia), 5 iugera (Gravisca), 5½ iugera (Luna).
-
[8]
Il numero dei coloni varia dai 300 di Terracina e poi di Volturno, Literno, Pozzuoli e Salerno, ai 2 000 di Modena, Parma e Luni. Sul rapporto tra demografia e colonie si rimanda a Pelgrom 2013 e a Casarotto, Pelgrom, Stek 2016.
-
[9]
La Nuova Carta Geoarcheologica di Senigallia è pubblicata in Silani et al. 2016. Le principali novità archeologiche su Senigallia sono in Lepore 2013 e Lepore 2014, con bibl. prec.
-
[10]
Si tratta del sito di Via Baroccio per cui cf. infra.
-
[11]
Sugli scavi di Via Cavallotti si rimanda a Lepore et al. 2012a.
-
[12]
Il graffito è edito in Gaucci 2013. Per un quadro del popolamento dell’area medio adriatica si rimanda a Bourdin 2015.
-
[13]
Le strutture preromane rinvenute in Via Cavallotti subiscono, agli inizi del iii secolo a.C., una distruzione e una sorta di “bonifica”: sembra evidente il nesso con l’arrivo dei romani dopo la battaglia di Sentinum (295 a.C.).
-
[14]
Le prime ricerche scientifiche su Senigallia sono in Ortolani, Alfieri 1978.
-
[15]
Sulla colonia latina di Rimini si rimanda a Ortalli 2010, con bibl. prec.; le ultime indagini sulle fortificazioni, con l’ipotesi dell’assenza di mura verso il mare, sono in Tassinari, Faedi, Curina 2013, in part. p. 13-26.
-
[16]
È infatti probabile che il lato a mare delle mura sia stato messo in opera solo in età tarda, forse addirittura nel iii secolo d.C. (si vedano i resti murari sotto la Rocca Roveresca).
-
[17]
Sugli scavi di Via Baroccio si rimanda a Lepore et al. 2012b.
-
[18]
Ancora in età sillana abbiamo esempi di fortificazioni con un semplice terrapieno con palizzata (Appiano, Bella Civilia, I, 51, su Aeclanum: moenia […] quae trabibus constabant); cf. anche Sommella 1988, p. 117.
-
[19]
Sulle mura cf. Villani 2008.
-
[20]
Siena 1746, p. 135, nota 26.
-
[21]
Sul santuario di Via Baroccio cf. Lepore et al. 2012b.
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[22]
Una prima notizia degli scavi in Piazza Garibaldi è in Belfiori 2016b.
-
[23]
Una revisione degli scavi dell’area archeologica “La Fenice” è in Lepore et al. 2014.
-
[24]
Indagini archeologiche, iniziate nel marzo 2019 e attualmente in corso nei pressi dell’area archeologica “La Fenice”, stanno confermando l’ipotesi ricostruttiva proposta in questa sede.
-
[25]
Sulla questione della doppia datazione della colonia di Sena Gallica si rimanda alla sintesi in Lepore 2014.
-
[26]
Cf. l’intervento di Michel Tarpin nel presente volume.
-
[27]
Bispham 2006; Pelgrom 2008; Sewell 2010; Pelgrom 2014.
-
[28]
Bandelli 1999; Bandelli 2008a.
-
[29]
Bispham 2006, p. 122-123; già Nereo Alfieri notava come la cifra di 300 coloni “documentata, in parte, per le deduzioni marittime di vecchio tipo […] sembra piuttosto bassa, anche in relazione ai 250 fuochi pertinenti a Senigallia in periodo di grande decadenza, allorché il residuo urbanistico era ridotto a circa la metà dell’area occupata dalla primitiva colonia, durante la crisi della metà del 1300 ricordata anche da Dante”, Ortolani, Afieri 1978; Dante, Paradiso, XVI, 67-75.
-
[30]
Alla luce dei 7 iugera assegnati ai coloni durante le distribuzioni viritane nel territorio sabino databili al 290 a.C., e dunque di poco precedenti o contemporanee alla fondazione di Sena Gallica, si potrebbe ipotizzare che assegnazioni superiori a 2 iugera per le colonie di diritto romano, indicativamente tra 5 e 10 iugera, fossero iniziate già nel iii secolo a.C. Cf. De Ligt 2014, p. 107, nota 2.
-
[31]
Come sembrerebbe testimoniato dai recenti ritrovamenti, in un caso proprio nell’area di Sena Gallica e in un altro nel centro di Suasa, di graffiti iscritti in alfabeto leponzio, riconducibile alla lingua dei Galli Senoni; Gaucci 2010; Gaucci 2013.
-
[32]
Mason 1992; Hermon 2001. La presenza di una commissione di triumuiri coloniae deducendae, con ogni probabilità con compiti di delimitazione del territorio, era la prassi nella procedura di deduzione sia delle colonie latine sia delle colonie romane a partire almeno dal 338 a.C.; Laffi 2001c.
-
[33]
Dove per territorium si intende la superficie sottoposta all’autorità dei magistrati della città, come precisamente ricordato in Tarpin 2014b.
-
[34]
Polverari 1979; Lepore 2014.
-
[35]
Liber Coloniarum, I, p. 226, 9-12 (Lach.).
-
[36]
Liber Coloniarum, II, p. 258, 10-12 (Lach.).
-
[37]
Paci 2008.
-
[38]
Dall’Aglio, Bonora Mazzoli 1991; Silani, Casci Ceccacci 2010.
-
[39]
Paci 1996-1997; Sisani 2007.
-
[40]
Campagnoli, Giorgi 2009, p. 299.
-
[41]
Dall’Aglio, Bonora Mazzoli 1991, p. 28.
-
[42]
Dall’Aglio 2009, p. 295.
-
[43]
Lepore 2012; Dall’Aglio 2014.
-
[44]
Firpo 2012.
-
[45]
Sisani 2007.
-
[46]
Bandelli 2005.
-
[47]
Giorgi 2010a.
-
[48]
Malnati 2008.
-
[49]
Per una nuova revisione dei materiali provenienti dal contesto del Lucus Pisaurensis si veda Belfiori 2016a e Belfiori 2017.
-
[50]
Ortalli, Ravara Montebelli 2004.
-
[51]
Sulle prime frequentazioni romane a Ravenna si veda Malnati et al. 2016 e bibliografia citata.
-
[52]
Bandelli 2005; Sisani 2007.
-
[53]
Ciuccarelli 2008.
-
[54]
Bandelli 1999, p. 175.
-
[55]
Malnati et al. 2016, p. 17-18.
-
[56]
Sisani 2007 e bibliografia citata; Bandelli 2008a.
-
[57]
Si veda Sisani in questo volume.
-
[58]
Campagnoli, Giorgi 2014; da ultimo cf. Silani 2017.
-
[59]
Una simile ricostruzione permetterebbe di superare l’anomalia di un catasto privo della corrispondenza tra asse stradale principale rappresentato dalla bisettrice di valle e decumano massimo della centuriazione, come avviene di norma nelle vallate marchigiane; Dall’Aglio, Bonora Mazzoli 1991, p. 28; De Maria, Giorgi 2013, p. 129-130.
-
[60]
Gli studi geomorfologici condotti nella valle del Cesano hanno infatti messo in evidenza come proprio dall’inizio dell’età romana, ovvero nel corso del iii secolo a.C., il fiume stesse subendo importanti variazioni nella dinamica deposizionale con conseguente aggradazione dell’alveo. Questo significa che il paesaggio d’età romana doveva essere molto diverso dall’attuale, caratterizzato dalla presenza di un fiume ad andamento meandriforme che divagava con ampie anse per quasi tutto il fondovalle. Coltorti 1991a, p. 95; Coltorti 1991b; Dall’Aglio et al. 2004; Dall’Aglio et al. 2012.
-
[61]
De Maria, Giorgi 2013, p. 130.
-
[62]
Lepore, Galazzi, Silani 2014, p. 56; Silani 2017.
-
[63]
Dall’Aglio, Bonora Mazzoli 1991; Silani, Casci Ceccacci 2010; Campagnoli, Giorgi 2014, p. 558.
-
[64]
Dall’Aglio 2008, p. 39.
-
[65]
Dall’Aglio et al. 2012.
-
[66]
Dall’Aglio et al. 2004; Lepore 2010a; Lepore 2010b; Dall’Aglio et al. 2012.
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[67]
Questo punto della vallata veniva inoltre indicato negli studi precedenti quale di “difficile lettura” per l’analisi delle persistenze centuriali e dapprima inserito nel blocco di Suasa (Dall’Aglio, Bonora Mazzoli 1991) e successivamente in quello di Sena Gallica (Casci Ceccacci 2010). Tale distinzione, come descritto in precedenza, potrebbe essere allo stato attuale delle ricerche non più significativa.
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[68]
Lepore, Galazzi, Silani 2013 e bibliografia citata.
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[69]
Direzione Prof. G. Lepore della sezione di Archeologia del Dipartimento di Storia Culture e Civiltà dell’Università di Bologna.
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[70]
Una prima sintesi delle ricerche è presente in Lepore 2010a; Lepore 2010b; Lepore, Galazzi, Silani 2013. In particolare per quanto riguarda l’età romana, sono state messe in luce un discreto numero di fornaci per la produzione laterizia, funzionali alle villae/fattorie presenti nell’area e individuate grazie alle ricognizioni di superficie, e un’estesa necropoli di ben 73 sepolture interpretabile come area funeraria a uso comunitario. Si tratta di contesti databili in un orizzonte cronologico che va dal i-ii secolo d.C. per le aree produttive fino al v-vi secolo d.C. nel caso delle sepolture della necropoli. Inoltre nelle immediate vicinanze entro un raggio di 4.5 km, lungo la vallecola del torrente Nevola, è stato possibile localizzare l’attestazione epigrafica di un’area di culto legata alla Bona Dea, CIL XI, 6185. Per il culto della Bona Dea si veda Brouwer 1989. Pochi i materiali cronologicamente riferibili alla prima metà del iii secolo a.C. rinvenuti nelle stratigrafie degli scavi o grazie a ricognizioni di superficie, tuttavia presenti e riconducibili alle prime frequentazioni dell’area. Lepore, Galazzi, Silani 2013, p. 106-110.
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[71]
In assenza di importanti attributi di natura urbana, come assi viari ed edifici annessi, per la formazione di agglomerati secondari quali i vici (Casci Ceccacci 2010, p. 543-545), l’area di Madonna del Piano si configurava dunque come caratterizzata da un insediamento sparso e priva di quel carattere “urbano” che le fonti letterarie ci descrivono per gli insediamenti vicani; Todisco 2011.
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[72]
Lo stesso toponimo suggerisce forse la presenza di una strada di campagna diretta a un guado sul fiume. Per altro in questo punto, secondo la scansione dei limiti del catasto di Sena Gallica, ricadeva un possibile asse centuriale, la cui persistenza oggi è rappresentata dalla strada detta Passo del Bombone.
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[73]
Per l’interpretazione particolarmente significativo è stato relazionare il percorso del nuovo asse viario di Madonna del Piano con la situazione geomorfologica ricostruibile per il fiume Cesano in età romana, come detto caratterizzato da ampi meandri. Prolungando infatti verso sud-ovest tale strada, ovviamente con il medesimo orientamento, si notano due aspetti significativi. Il primo è legato a una possibile persistenza nel tratto finale dell’attuale Via Turatata. Secondo elemento, ancora più importante, è la posizione dell’asse viario che corre esattamente lungo la scarpata che divide il terrazzo alluvionale di III ordine da quello di II ordine, ma rimanendo sempre su quest’ultimo. Questo secondo aspetto sembra mettere in evidenza la volontà al momento della realizzazione della strada di costruirla in un punto stabile del terrazzo senza attraversare il centro dell’intera area pianeggiante sicura disponibile, lontano in ogni caso da zone che probabilmente agli inizi del iii secolo a.C. erano soggette ancora a instabilità e a fenomeni alluvionali. Per un quadro dettagliato dell’organizzazione della viabilità nella valle del fiume Cesano si vedano Dall’Aglio 1987; Dall’Aglio 1991, p. 12-24. Per la presenza di assi viari obliqui all’interno di centuriazioni in zone di pianura ben più estese in corrispondenza di viabilità a lunga percorrenza si veda Bottazzi 1988.
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[74]
Lepore et al. (corso di stampa).
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[75]
Sulla sostanziale coincidenza di orientamento tra edifici rurali e assetto delle campagne con la possibilità di definire la cronologia delle divisioni agrarie presenti nel territorio si veda Bottazzi, Calzolari 1987.
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[76]
Si tratta dei documenti epigrafici CIL I, 382 relativo all’ager Cuprensis (Cupramontana); CIL I, 1926 dell’ager Cingulanus (presso Cingoli); CIL IX, 5814 da Montoro, in una zona situata al confine degli agri di Planina (a ovest), Ricina (a sud) e Auximum (a nord-est). Cf. Sisani 2011, p. 613-614.
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[77]
Siculo Flacco, 146 L.; Cf. Sisani 2011, p. 641. Per quanto riguarda la classificazione delle strade all’interno del sistema itinerario d’età romana sulla base delle fonti scritte si veda Capogrossi Colognesi 1976, p. 1-115.
-
[78]
In proposito si veda Stek 2009, p. 171-185; Sisani 2011, p. 644-647.
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[79]
Il pagus, categoria pienamente romana (si vedano da ultimo Letta 2006 e Todisco 2011), come è stato ampiamente sottolineato rappresenta non una specifica tipologia di insediamento ma una unità territoriale (Capogrossi Colognesi 2002; Tarpin 2002, p. 183-229), strutturata “sul piano ideologico e istituzionale come un contenitore” (Sisani 2011, p. 601). La sua funzione è quella di inquadrare territorialmente e istituzionalmente le diverse realtà materiali sulle quali si articola la vita economica e sociale dei pagani: campi (agri, praedia, fundi), abitazioni (villae, aedificia), villaggi (vici, castella), luoghi di riunione (fora, conciliabula), santuari (fana, delubra, compita). Tutte queste realtà sono infatti “accomunate dalla distribuzione a carattere sparso all’interno di contesti territoriali non urbanizzati” (Sisani 2011, p. 601). Si tratta dunque di distretti amministrativi alternativi alla città, formati da diverse realtà insediative prive di autonomia politica e funzionali alla ripartizione della popolazione rurale per le operazioni di controllo dei funzionari in occasione delle leve militari o della riscossione dei tributi e di riunione per le festività comuni (Sisani 2011, p. 606). Allo stesso tempo il pagus rappresenta uno strumento della città per l’amministrazione del suo territorium, laddove può essere utilizzato per l’individuazione dei fundi dei singoli possessores e anche le varie realtà territoriali (prati comuni, silvae, terre dei santuari, ager publicus etc.) presenti nell’agro di una città, dal momento che non tutte le terre sono centuriate (Tarpin 2014b). Se la forma legata alla centuriazione del territorio viene utilizzata per la definizione dei fines in caso di processo, l’indicazione del pagus viene usata per il census, il pagamento delle tasse e l’individuazione di un fundus di un determinato possessor, come ricorda Ulpiano (Ulpianio, Digestus, L, 15, 4; Tarpin 2014b). Come è stato bene evidenziato “si deve supporre che la divisione della città in pagi sia stata una misura generale” (Tarpin 2014b, p. 204), in pratica un “disegno in qualche modo parallelo alla catastazione delle terre centuriate e, rispetto a questa, ancora più comprensivo” (Capogrossi Colognesi 2002, p. 208) che “abbracciava insieme le antiche proprietà all’interno delle centurie delle colonie e dei municipi – nonché di terre attribuite viritim” (Capogrossi Colognesi 2002, p. 207).
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[80]
Nel primo caso l’integrazione dei pochi dati archeologici dovuti a ricognizioni di superficie con una rapida analisi geomorfologica sembra suggerire una certa stabilità dei terrazzi alluvionali e di conseguenza poche modificazioni devono avere interessato questo tratto di valle. Non vi sono quindi elementi per definire necessario un controllo antropico di tale area. Gli unici elementi a favore di un confine qui, potrebbero essere rappresentati da un antico percorso secondario, di collegamento tra l’entroterra e la costa, che sfruttava la vallecola del torrente Nevola e legato a un punto di guado sul fiume Misa, forse ricordato dal toponimo ianula, nel senso di “porta” e quindi “guado”, attestato nei documenti medievali nella zona di Bettolelle, poco a valle della confluenza Nevola-Misa.
-
[81]
Dall’Aglio 1987; Silani 2017.
-
[82]
Baldetti 1981; Baldetti 1988.
-
[83]
Lepore, Galazzi, Silani 2014 e bibliografia citata.
-
[84]
Di Cocco 2003; Campagnoli, Di Cocco, Giorgi 2009, p. 255-271.
-
[85]
Ciuccarelli 2015.
-
[86]
Ciuccarelli 2015.
-
[87]
Nello studio delle persistenze centuriali a sud di Senigallia, grandi difficoltà presenta la ricostruzione del tratto costiero sia nella definizione della viabilità sia delle divisioni agrarie. In assenza di uno studio paleoambientale di dettaglio, l’avvicinarsi delle propaggini collinari alla linea di costa e la presenza documentata fino al xviii secolo di paludi costiere e saline, non lasciano spazio alla definizione di un reticolo centuriale certo.
-
[88]
Bandelli 2005.
-
[89]
Ciuccarelli 2015, p. 391.
-
[90]
Alfieri, Gasperini, Paci 1985.
-
[91]
Plinio, Naturalis historia, III, 112-114.
-
[92]
Alfieri, Gasperini, Paci 1985, p. 48.
-
[93]
Si veda Tarpin in questo stesso volume.
-
[94]
Jaia 2014.
-
[95]
Bandelli 2003, p. 218.
-
[96]
Tuttavia, che gli interessi di Roma non fossero solo commerciali ma anche politici è ipotizzabile sulla base della relazione diplomatica tra il Senato e un’ambasceria di Apollonia del 260 a.C., a quando probabilmente risalgono anche i primi contatti con la colonia greca di Lissa, presupposto della sua invocazione di aiuto contro i pirati illirici nel 230 a.C. e del successivo intervento romano. In questo quadro di più ampio respiro della politica adriatica di Roma avranno certamente avuto un ruolo significativo anche le colonie marittime della costa adriatica e i trattati di alleanza stipulati con città lungo la costa a sud del delta del Po come Ancona e sicuramente dal 268 a.C. la fondazione della colonia latina di Ariminum (Bertrand 2013). La volontà di acquisire il predominio sulle rotte e sui traffici adriatici è inoltre testimoniato dalla campagna nella penisola salentina dopo la vittoria su Pirro e Taranto, volta al controllo di Brindisi, il porto più favorevole per i traffici con l’Illirico e la Grecia, che si concretizzò poi con la fondazione della colonia latina nel 244 a.C. (Bandelli 2003, p. 217).
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[97]
Bandelli 2005.
-
[98]
Sisani 2007; Sisani 2009.
-
[99]
Bandelli 2005; Sisani 2007, p. 187-204.
-
[100]
Giorgi 2010a; Giorgi 2010b.
-
[101]
Bandelli 2005.
-
[102]
Sisani 2007, p. 55.
-
[103]
A tal proposito sono stati rinvenuti materiali repubblicani in corso di studio proprio nelle prime propaggini collinari a sud-ovest di Senigallia, nell’area del futuro monastero di San Gaudenzio, forse relitto di un importante nucleo insediativo anche in età romana.
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[104]
In merito alle recenti analisi delle divisioni agrarie della valle del fiume Potenza si veda Corsi, Vermeulen 2010 e Vermeulen in questo volume.
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[105]
Per la definizione di nuclei insediativi all’interno del territorio delle colonie latine nelle prime fasi di occupazione del territorio si veda Pelgrom 2008. Va tuttavia sottolineato come per le colonie latine l’elemento indigeno avrà certamente contribuito a delineare in larga parte tale modello insediativo.
-
[106]
Cf. bibliografia nota 78.
-
[107]
Cf. Sisani 2011 e infra nota 126.
-
[108]
Lepore, Galazzi, Silani 2014, p. 61.
-
[109]
Tarpin 2014b.
-
[110]
Lo Schiavo 1991.
-
[111]
Di Cocco 2003, p. 94 e bibliografia citata.
-
[112]
Bandelli 2008b, p. 187.
-
[113]
De Maria, Giorgi 2013.
-
[114]
Lepore, Galazzi, Silani 2014, p. 56; Ciuccarelli 2015, p. 390 e bibliografia citata.
-
[115]
Liber Coloniarum, I, p. 226, 9-12 (Lach.); Liber Coloniarum, II, p. 258, 10-12 (Lach.).
-
[116]
Alfieri, Gasperini, Paci 1985, p. 48.
-
[117]
Paci 1996-1997.
-
[118]
Lepore 2014.
-
[119]
Alfieri, Gasperini, Paci 1985.
-
[120]
Paci 1996-1997.
-
[121]
Di Cocco 2003, p. 96. A tal riguardo va sottolineato come il territorio di Pisaurum con un’estensione di circa 250 kmq (Campagnoli 1999, p. 81-99), fosse di dimensioni inferiori rispetto al territorio di Sena Gallica. Se consideriamo inoltre come le piane alluvionali fossero limitate alla destra idrografica della bassa valle del fiume Conca e alla valle del fiume Foglia-Pisaurus, già in antico esempio di instabilità idraulica, è dunque plausibile che la colonia di Pisaurum avesse la necessità di acquisire ulteriori territori per le diverse assegnazioni ai veterani di età triumvirale-augustea.
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[122]
Anche nella divisione in regiones d’età augustea.
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[123]
Di Cocco 2003, p. 95.
-
[124]
CIL XI, 6211.
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[125]
Cf. Gagliardi 2015.
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[126]
Pasquinucci, Menchelli, Ciuccarelli 2007; Pasquinucci, Menchelli, Ciuccarelli 2009.
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[127]
Stek 2009; Sisani 2011, p. 606-607. Se la ricostruzione delle dimensioni di 20 kmq per il pagus di Madonna del Piano cogliesse nel segno – compatibile con le informazioni desumibili dall’unica testimonianza epigrafica al riguardo ovvero il catasto epigrafico di Volcei e con le dimensioni ricostruibili per le realtà paganiche documentate per via letteraria ed epigrafica nei territori dei centri municipali e coloniali di Concordia, Nola, Beneventum, Placentia e Veleia (Sisani 2011, p. 602-604) – si potrebbe ipotizzare la presenza all’interno dell’ager Senogalliensis, così ricostruito con un’estensione di circa 290 kmq, di un numero di pagi pari a 14-15.
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[128]
Si vedano a Bertrand 2015.
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[129]
Torelli 1988.
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[130]
Una sintesi è in Lepore 2014.
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[131]
Si veda Jaia 2014 che valorizza l’aspetto difensivo delle coloniae maritimae, anche in rapporto con i santuari che contestualmente vengono fortificati.