Notes
-
[1]
Voir ROBERT BLACK (éd.), Studio e scuola in Arezzo durante il medioevo e il Rinascimento : i documenti d’archivio fino al 1530, Arezzo, Accademia Petrarca, 1996, p. 522 sq.
-
[2]
ID., « Education and the emergence of a literate society », in J. M. NAJEMY (éd.), Short Oxford history of Italy : Italy in the age of the Renaissance, 1300-1550, Oxford, Oxford University Press, à paraître.
-
[3]
ROBERT BLACK, Humanism and education in Medieval and Renaissance Italy : tradition and innovation in Latin schools from the twelfth to the fifteenth century, Cambridge, Cambridge University Press, 2001, p. 57.
-
[4]
ARMANDO VERDE, Lo studio fiorentino, 1473-1503, Florence, Istituto nazionale del Rinascimento, 1973-1995, t. III, p. 1005 sq.
-
[5]
R. BLACK, Humanism and education..., op. cit., pp. 41-44.
-
[6]
PAUL F. GRENDLER, Schooling in Renaissance Italy. Literacy and learning, 1300-1600, Baltimore, The Johns Hopkins University Press, 1989, pp. 306-329.
-
[7]
R. BLACK, Humanism and education..., op. cit., pp. 34-63.
-
[8]
Ibid., pp. 63-172.
-
[9]
ROBERT BLACK, « Education and the emergence of a literate society », à paraître. 8
-
[10]
ANTHONY GRAFTON et LISA JARDINE, From humanism to the humanities, Cambridge, Harvard University Press, 1986; R. BLACK, Humanism and education..., op. cit., pp. 12-28 et p. 368; ID., « Humanism », in C. ALLMAND (éd.), The New Cambridge medieval history, Cambridge, Cambridge University Press, 1998, pp. 274-277; ROBERT BLACK, « Florence », in R. PORTER et M. TEICH (éds), The Renaissance in national context, Cambridge, Cambridge University Press, 1992, pp. 31-37.
-
[11]
GIOVANNI MORELLI, Ricordi, édité par Vittore Branca, Florence, Le Monnier, 1956, pp. 270-271 : « E’ debba [...] apparare di leggere e scrivere e tanta grammatica ch’egli intenda secondo la lettera i dottori o carte di notaio o altro iscritto; e simile sappi parlare per lettere e scrivere una lettera in grammatica e bene composta. E di continovo, e nelle scuole e di fuori, vogliti ritrovare, usare e praticare co’ giovanetti tuoi pari, che istudino come tu e sieno persone da bene, costumati e vertudiosi; e con loro sia ardito e coraggioso al parlare, a scherzare, all’azzuffare, ma non da male animo, per adattarsi al fare degli altri giuochi appertenenti a simile età. E questi ispassi, o altri più vertudiosi, come nelle scuole della musica o dello ischermire o d’altri ispassi dilettevoli, si vogliono usare a tempi non si istudi, come di meriggio a tempo di state, la sera uscito di scuola, il dì delle feste. A tutti altri tempi istudia : prendilo con diletto, sievi sollecito, vinci te medesimo, isforzati quanto puoi d’apparare. E di poi hai apparato, fa che ogni in dì, un ora il meno, tu istudi Verigilio, Boezio, Senaca o altri autori, come si legge in iscuola. »
-
[12]
R. BLACK, Humanism and education..., op. cit., passim.
-
[13]
G. MORELLI, Ricordi, op. cit., pp. 145-147 : « Dovea avere Pagolo dieci o dodici anni [...] e’ si puose da se medesimo a bottega per imparare a leggere e scrivere [...] egli apparò di leggere e scrivere e abaco. [...] E venuto coll’aiuto di Dio in legittima e perfetta età d’anni diciotto o di più, e’ volle che’ suoi fratelli gli assegnassono la parte sua. Innanzi che venisse a questo, egli era istato con loro nel fondaco del guado a salaro alcuno anno. » 8
-
[14]
ARMANDO SAPORI, « La cultura del mercante medievale italiano », in ID., Studi di storia economica, Florence, Sansoni, [1940] 1955, pp. 53-93, ici p. 67.
-
[15]
Voir R. BLACK, Humanism and education..., op. cit., p. 44 sq.
-
[16]
ASF, Carte strozziane III. 277, ff. 91v., 96v., 103v., 114r., 116v., 122v., 125r., 129r., 134v., 167v., 168r., 173v., 181v., 183v., 191r., 195r., 199v.
-
[17]
Voir R. BLACK, Humanism and education..., op. cit., p. 34 sq.
-
[18]
« Puosi Pauolo mio figliuolo a leggere alla bottega di Francescho di Francescho Leoni » (BNCF, Palatino 1129, f. 51r.).
-
[19]
ASF, Carte strozziane II. 4, f. 91r.
-
[20]
ASF, Carte del Bene 26, ff. 17r.-29v.
-
[21]
LAURO MARTINES, « A way of looking at women in Renaissance Florence », Journal of Medieval and Renaissance studies, 4,1974, pp. 15-28.
-
[22]
« Maestro Ventura che tiene i fanciulli a lleggiere » (ASF, Carte del Bene 26, f. 57r.).
-
[23]
Ibid., 32, f. 7r.-v.
-
[24]
« E l’anno MCCCLXIII [...] io Bartolomeo mi puosi a imparare gramaticha a la schuola del maestro Manovello e stetivi sino al anno MCCCLXVII per tutto il mese di maggio e poi in kalendi giungno anno detto mi puosi a imparare albacho per sapere fare di ragione con l’maestro Tomaso di Davizzo de’ Corbizzi e stettivi infino a febraio anno 1367 e detto dì mi puosi a la tavola di Bernardo di Cino Bartolini banchiere in merchato nuovo » (BNCF, Panciatichi 147, f. 1r.).
-
[25]
« Venne crescendo, puosilo a la squola : avendo apparato a leggere e avendo bonissimo ingegno, memoria e intelletto, e buono e saldo parlare, che facea ciasceduno maravigliare, apparava e apprendeva bene; di ché, in poco tempo fu buono gramatico. Puosilo a l’abaco, e diventò in pochissimo tempo buono abachista. Poi ne llevai, e avendogli 8 fatta una bottega d’arte di lana [...] il puosi alla cassa » (cité par A. SAPORI, « La cultura... », art. cit., p. 71).
-
[26]
« Ghonella, farsetto, mantello e chapucci per Amerigho quando andò a Bologna » (ASF, Carte del Bene 32, f. 8r.).
-
[27]
PAOLO DA CERTALDO, Libro di buoni costumi, édité par Alfredo Schiaffini, Florence, Le Monnier, 1945, pp. 126-127.
-
[28]
BOCCACCIO, Corbaccio, in Opere minori in volgare, édité par Mario Marti, Milan, Rizzoli, 1969-1972, t. IV, p. 305 sq. Cf. ROBERT DAVIDSOHN, Storia di Firenze, Florence, Sansoni, 1965, t. VII, p. 216.
-
[29]
P. DA CERTALDO, Libro di buoni..., op. cit., p. 127.
-
[30]
FRANCESCO DA BARBERINO, Reggimento e costumi di donna, édité par Giuseppe E. Sansone, Turin, Loescher-Chiantore, 1957, p. 15.
-
[31]
Ibid., pp. 13-25 et passim.
-
[32]
Ibid., pp. 15,17-18.
-
[33]
Ibid., p. 15.
-
[34]
Ibid., pp. 13-25.
-
[35]
Ibid., p. 19.
-
[36]
CHRISTIANE KLAPISCH-ZUBER, « Le chiavi fiorentine di barbablù : l’apprendimento della lettura a Firenze nel XV secolo », Quaderni storici, 57,1984, p. 789 (en français, « Les clefs florentines de Barbe-Bleue. L’apprentissage de la lecture », in ID., La maison et le nom. Stratégies et rituels dans l’Italie de la Renaissance, Paris, Éditions de l’EHESS, 1990, pp. 309-330, ici p. 322, n. 69); CHRISTIAN BEC, Les marchands écrivains : affaires et humanisme à Florence, 1375-1434, Paris, Mouton, 1967, p. 385.
-
[37]
« Leggeva e scrivea tanto bene quanto alcun uomo » (G. MORELLI, Ricordi, op. cit., p. 179).
-
[38]
Ibid., p. 184 : « Seppe [...] leggere e scrivere, fu molto eloquente, grande parlatore e sapea bene dire quello volea. »
-
[39]
GIOVANNI VILLANI, Nuova cronica, édité par Giuseppe Porta, Parme, Fondazione Pietro Bembo/Ugo Guanda, 1991, t. III, p. 198.
-
[40]
G. MORELLI , Ricordi, op. cit., p. 179.
-
[41]
ASF, Carte del Bene 26, ff. 28v., 29v. 8
-
[42]
« Tornandomi a stare già era più ani per adietro cho’ Mona Mattea mia madre e figliuola che ffu d’Andrea del Benino in chasa di Lucha di Ser Filippo Charnesecchi suo secondo marito et ivi stetti dal 1402 per insino di giennaio 1420, cioè anni 18. Tanto aparai a leggiere e schrivere e l’abacho. E del mese di maggio 1405 Mona Mattea mia madre mi mandò a stare sanza salare al bancho di Bartolomeo di Venino Peruzzi. » (ASF, Ricasoli Parte antica, Libri di amministrazione III, f. 167v.).
-
[43]
Voir R. BLACK, Humanism and education..., op. cit., p. 36 sq.
-
[44]
« No’gli rimandai più all’abacho perché gli posi i’botteghe »; ASF, Carte strozziane II. 11, ff. 32v., 33v., 35v., 45r., 48v., 49v., 51v., 53r., 61v., 63v.
-
[45]
Voir R. BLACK, Humanism and education..., op. cit., p. 37 sq.
-
[46]
ASF, Manoscritti 82, ff. 65v.-69r., 82r.
-
[47]
« Leggere et scrivere a soficenza d’andare all’abacho » (ASF, Manoscritti 82, f. 66v.). Une éducation tout aussi utilitaire était dispensée à d’autres garçons florentins du début du XVe siècle, parmi lesquels Lorenzo di Ilarione de’ Bardi, dont le fils Lorenzo étudiait le Donadello avec ser Battista da Nurcia au milieu des années 1420 (ASF, Corporazioni religiose soppresse dal governo francese 79, no 119, ff. 94v., 97v., 101r., 110v., 111v.); Francesco, le fils orphelin de Bertino Turadini, dont la mère, Monna Veniziana, engagea un maître pour lire le salterio avec lui en 1439 et 1440 (ASF, Compagnie religiose soppresse da Pietro Leopoldo 1026, no 201, f. 13 gauche, 24 gauche, 31 droite); et les fils de Gherardo di Bartolomeo Gherardi, qui leur acheta deux salteri en 1440 (ASF, Carte Gherardi-Piccolomini d’Aragona 325, f. 91 droite, 94 gauche, 250 droite).
-
[48]
« Uno paio di reghole maggiori per lui da leggere » (ASF, Carte strozziane V. 1747, f. 42 droite et gauche, 61 droite). Voir R. BLACK, Humanism and education..., op. cit., p. 82 sq.
-
[49]
ASF, Carte strozziane V. 1747, f. 42 droite, 48 gauche, 61 droite, 64 gauche, 78 gauche, 95 gauche, 98 droite, 136 gauche.
-
[50]
Ibid., V. 5, f. 47 gauche.
-
[51]
« Uno volume di rechole maggiori et con altre opere da imparare gramaticha » (ASF, Manoscritti 85, f. 99v.). 8
-
[52]
ANTONIO MANETTI, The life of Brunelleschi, édité et traduit par Howard Saalman, University Park Pennsylvania, University of Pennsylvania Press, 1970, p. 38.
-
[53]
ASF, Carte strozziane, V. 6, f. 6r., 7v., 8r.-v., 12r., 27r., 36r., 41r., 44r.
-
[54]
« Leggiere et [...] scrivere et l’abaco [...] s’usa per gli huomini da bene e per la magiore parte fare a Firenze. » (A. MANETTI, The life..., op. cit., p. 39).
-
[55]
Un « maestro che insegna a fanculli il quale ista in casa Nofri di Palla » (ASF, Carte strozziane III. 277, f. 103v.). Une autre référence précoce se situe en 1381, quand Giovanni di Paolo Morelli mentionne « il maestro in casa, e di dì e di notte suggetto alla sua correzione, la quale, come che utile, ma dispiacevol’è alla libertà puerile » (G. MORELLI, Ricordi, op. cit., p. 496).
-
[56]
VESPASIANO DA BISTICCI, Le vite, édité par Aulo Greco, Florence, Istituto Nazionale del Rinascimento, 1970-1976, t. I, p. 38; t. II, pp. 10,21,24,51,143-145,236,300, 310-311 et 475.
-
[57]
ASF, Carte strozziane II. 281, f. 87 droite, 104 gauche.
-
[58]
ASF, Carte strozziane V. 6, f. 12r., 44r.
-
[59]
ASF, Carte strozziane II. 11, f. 32v.
-
[60]
Ibid., IV. 343, f. 172v., 199v., 240v.; IV. 363, f. 24r.
-
[61]
« Per ripetitore per insegnare a’miei fanciulli » (ibid., II. 16, f. 18v.). Voir également Domenico Allegri, dont les enfants avaient pour tuteur un certain ser Lorenzo d’Acesi en 1428 (ASF, Corporazioni religiose soppresse dal governo francese 132, no 484, f. 102v.) et Giovanni Benci, qui employait un « maestro » en 1446 (ASF, Carte strozziane II. 17, f. 18v.).
-
[62]
V. DA BISTICCI, Le vite, op. cit., t. II, p. 236.
-
[63]
ASF, Carte strozziane II. 16, f. 18v.
-
[64]
« Gherardino di Gherardo giovane che insengnia danzare a la Chaterina e Chostanza di Pialiano [...] per conffiare di Monna Giana loro madre » (ibid., IV. 365, f. 172r.).
-
[65]
Ibid., II. 13, f. 31r.
-
[66]
Une « maestra ch’insegnnia leggiere a la Toncina di Paliano » (ibid., IV. 365, f. 161v.). 8
-
[67]
« Truovomi chol maestro in chasa ch’segnnia a tuti mia figluoli, che di niuno chavo utile ma grande spesa » (ASF, Catasto 54, f. 809v.).
-
[68]
ASF, Dono Panciatichi Patrimonio Pecori 50, f. 90 droite, 99 gauche passim, 110 droite, 119 droite passim, 125 gauche, 131 droite passim, 139 gauche, 142 gauche, 147 droite, 151 droite, 157 droite passim, 169 droite, 175 droite, 181 gauche passim, 189 droite, 192 gauche passim; ibid., 51, f. 19 droite/gauche, 22 droite, 28 droite, 33 droite, 43 droite/ gauche, 72 droite.
-
[69]
« Ricordo come a dì 5 d’agosto 1469 rimasi con ser Francesco che insegna a leggere che insegnasse a Bastiano mio figliolo e bastardo a legere e scrivere in modo sappia leggiere le lettere e scrivere acciò posse tenere suo conto [...]. Levaine lo detto mese perché non inparava nula e non v’andò » (ASF, Corporazioni religiose soppresse dal governo francese 102, no 421, f. 9r.). On observe un même modèle sous le toit de Francesco di Gherardo Gherardi, dont les fils passèrent en 1486 de l’enseignement d’un maestro di fanciulli à demeure, ser Simone, qui leur apprenait le Donadello, à celui d’un « maestro che insegna l’abacho » en 1490 (ASF, Carte Gherardi Piccolomini d’Aragona 331, f. 31 droite/gauche, 34 gauche, 45 droite, 56 droite, 49 gauche). Autres maisons de l’élite où les ricordanze ne témoignent que de leçons de lecture, à la fin du XVe siècle : Sassetti (ASF, Carte strozziane V. 1750, f. 3v., 126v., 194v.), Adriani (ASF, Corporazioni religiose soppresse dal governo francese 98, no 324, f. 29v., 36r., 37r.), Nobili (ASF, Corporazioni religiose soppresse dal governo francese 102, no 489, f. 82 gauche, 105 gauche, 116 gauche, 139 gauche), Gherardi (ASF, Carte Gherardi-Piccolomini d’Aragona 328, f. 37 gauche), Capponi (ASF, Corporazioni religiose soppresse da Pietro Leopoldo, Montalve, S. Piero a Monticelli 154, f. 45 gauche.) et Rinieri (ASF, Corporazioni religiose soppresse dal governo francese 95, no 220, f. 3v.).
-
[70]
Voir C. KLAPISCH-ZUBER, « Les clefs... », art. cit., pp. 310-314, pour un résumé de cette histoire, et BNCF II. II. 357, f. 53r.-v., 99r.-v., 151v., 158r.-v., pour les passages traitant du rôle de la lecture et de l’abaque dans l’éducation.
-
[71]
Par exemple, en 1454, Marco di Benedetto di Marco Strozzi (ASF, Carte strozziane IV. 58, f. 1r., 2r.); Niccolò di Carlo di Marco Strozzi (1459-1460 : ASF, Carte strozziane IV.67, f. 18r., 19r.-v., 58v.); les héritiers de Michele di Cosiglio de’ Cerchi (1461 : ASF, Archivio Cerchi 313, f. 3r.); messer Nofri Ceccherini (1465 : ASF, Corporazioni religiose soppresse da Pietro Leopoldo, S. Pietro a Monticelli 166, f. 36v.); les héritiers de Niccolò di Domenico di Leonardo Boninsegni (1470-1471 : ASF, Corporazioni religiose soppresse dal governo francese 102, no 336, f. 35 gauche et no 356, f. 15 droite, 17 droite, 62 droite); et Lionardo di Lorenzo Morelli (1488 : ASF, Carte Gherardi-Piccolomini d’Aragona 165, f. 58 droite).
-
[72]
Voir EUGENIO GARIN, Il pensiero pedagogico dello umanesimo, Florence, Sansoni, 1958, p. XXVIII, n. 3.
-
[73]
Par exemple, Giovanni di Taddeo d’Agnolo Manzuoli (ASF, Compagnie religiose soppresse da Pietro Leopoldo 1024, no 196,29 décembre 1452, non folioté), Bernardo di Benedetto Strozzi (ASF, Carte strozziane IV. 58, f. 1r., 2r.), Niccolò di Francesco Castellani (ASF, Corporazioni religiose soppresse dal governo francese 90, no 134, f. 42r.), ainsi que Marco et Paolo di Carlo Strozzi (ASF, Carte strozziane IV. 67, f. 18r., 19r.-v., 58v.).
-
[74]
V. DA BISTICCI, Le vite, op. cit., t. II, p. 310.8
-
[75]
Voir LAURO MARTINES, The social world of the Florentine humanists, Londres, Routledge & and Kegan Paul, 1963.
-
[76]
ASF, Compagnie religiose soppresse dal governo francese MXCII. 5 [1385], f. 8r.
-
[77]
ASF, Carte strozziane III. 138, ff. 46v.-47r.
-
[78]
« Per costo di uno libro dell’epistole di Tulio familiari comperai per Gentile, Fl. 1 S. 3 » (ibid., V. 1751, f. 132r.).
-
[79]
Voir R. BLACK, Humanism and education..., op. cit., p. 352 sq.
-
[80]
ASF, Carte strozziane V. 1751, f. 132r.
-
[81]
R. BLACK, Humanism and education..., op. cit., p. 156, n. 740.
-
[82]
Ibid., p. 359 sq.
-
[83]
Ibid., p. 132 sq. et p. 355 sq.
-
[84]
Par exemple, Filippo Strozzi (ASF, Carte strozziane V. 22, f. LIII r.), Niccolò Strozzi (ASF, Carte strozziane IV. 71, f. 121v., 128v., Antonio Gondi (ASF, Carte Gondi 32, f. 9 droite, 10 gauche), Lorenzo Strozzi (ASF; Carte strozziane V. 68, inventaire de 1486).
-
[85]
C. KLAPISCH-ZUBER, « Les clefs... », art. cit., p. 323.
-
[86]
Ibid., p. 323, n. 78.
-
[87]
Ibid., p. 324, n. 82.
-
[88]
Ibid., et ASF, Corporazioni religiose soppresse dal governo francese 98, no 324, f. 40v.
-
[89]
C. KLAPISCH-ZUBER, « Les clefs... », art. cit., p. 323, n. 78, fait référence à un premier exemple daté de 1358, mais les dates des diverses retraites énumérées dans sa note 80 appartiennent toutes aux XVe et XVIe siècles. Pour une documentation complète sur un exemple situé au tout début du Trecento, voir R D, Storia, Florence, OBERT AVIDSOHN Sansoni, 1965, t. VII, p. 216, n. 6 : 1er février 1302 (ASF, San Pier Maggiore). 8
-
[90]
Ibid., p. 324.
-
[91]
« Ricordo chome [...] a dì 26 d’aprile [1478] [...] Io Virgilio d’Andrea di Berto doctore sopradecto, essendo la Alexandra mia filgluola a chaso in Fulingno con Suora Piera filgluola fu di Bertino di Tommaso Strozi e donna fu d’Alexandra d’Antonio del Vingname congnata e zia della decta Alexandra mia figluola, per torre via ongni dubio di schandalo di lei e per più sicurtà di lei, la mandai nel munistero di San Giuliano apresso a Fulingno decto e apresso a Sa[n]cto Antonio dietro in Firenze in serbanza. [...] Di poi veduto io non avere donna più né ella madre, la lasciai me la serbarssino et insengnassille tutto quello si apertiene di sapere alle fanciulle di chucire, talgliare, filare e leggere molto bene et da achustumirlla molto bene e dissono di volere, cioè e la priora e Suora Giuliana, sì priora e ghovennatrice di decto munistero disson di volere, per victo di decta Alexandra e insegnatura di decte chose filare, chucire, talgliare, leggere et achostmature l’anno Fl. quatordici et io venni a fiorini tredici in tutto siché di tutto ò voluto fare racordo et lume del vero. Et in ciò tutti e suoi panni lani e lini e molte chose che s’à apartenente alla fanciulla et m’a dare un’altra chotta per testa di valuta di Fl. venticinque larghi, cioè Fl. 25 larghi e uno libriccino bello e buono con tutti gl’uffici e un paio di lenzuoli, uno lecto di 5 braccia 1/2 a 4 teli nuove » (ASF, Corporazioni religiose soppresse dal governo francese 98, no 324, f. 40v.).
-
[92]
Ibid.
-
[93]
ASF, Carte strozziane II. 9, f. 162v.
-
[94]
ASF, Gherardi-Piccolomini d’Aragona 328, f. 37 gauche.
-
[95]
ASF, Carte Gondi 32, f. 38 gauche.
-
[96]
ASF, Carte strozziane V. 1751, ff. 18v., 43v.
-
[97]
ASF, Gherardi-Piccolomini d’Aragona 328, f. 41 gauche.
-
[98]
ASF, Carte strozziane V. 69, p. 37.
-
[99]
Ibid.. V. 1751, f. 138r.; pour ses leçons de danse en 1476, voir ibid., f. 126v., 127r., 134v. Autres exemples : Alessandra, fille de Feline di Deo del Beccuto et femme de Filippo di Messer Poggio Bracciolini (ASF, Archivio Guicciardini-Corsi Salviati, Libri di Amministrazione 1020, f. 8v.); Maddalena di Francesco Gherardi (ASF, Carte Gherardi-Piccolomini d’Aragona 331, f. 30 droite, 31 gauche, 40 droite), ou encore Caterina di Filippo Strozzi (ASF, Carte strozziane V. 66, f. 124 droite, et V. 67, p. CXV, f. 124 droite).
-
[100]
Cresci, fils adoptif de Andrea Cresci (« filuolo addotivo et aroghoto »), reçut en 1474 des leçons de danse de maestro Giorgio (ASF, Carte Gherardi-Piccolomini d’Aragona 327, f. XXXVIIII droite); Alfonso, fils aîné de Filippo Strozzi, en prit en 1481, avec ses sœurs 8 (ASF, Carte strozziane V. 22, f. CLXXXIV verso et V. 36, p. 91); de même, les fils de Lorenzo di Matteo Strozzi (ibid., V. 36, p. 133).
-
[101]
ASF, Carte strozziane V. 1751, ff. 126v., 127r.; ASF Carte Gherardi-Piccolomini d’Aragona 327, f. XXXVIIII droite; ASF Carte strozziane V. 22, f. CLXXXIV verso; ASF, Carte strozziane V. 36, pp. 91,133 et 149.
-
[102]
Ibid., V. 67, p. CXV, p. 124.
-
[103]
ASF, Archivio Guicciardini-Corsi Salviati, Libri di Amministrazione 1020 , f. 8v.
-
[104]
ASF, Carte strozziane V. 1751, f. 126v., 127r., 134v.
-
[105]
Ibid., f. 138r.
-
[106]
Comme allait le déclarer Sant’Antoniano : « Quanto poi alle figliuole, a me sembra che [...] a quelle di umile e povero stato, converrebbe che sapessero alquanto leggere qualche libro di preci » (Quant aux filles, il me semble qu’il conviendrait à celles qui sont de condition humble et pauvre de savoir lire un peu d’un livre de prières) : SILVIO ANTONIANO, Dell’educazione morale e politica dei figliuoli, Florence, 1852, p. 425, cité par G. BOCHI, L’educazione feminise dall’umanesimo alla controriforma, Bologne, G. Malipiero, 1961, p. 46, n. 33. Article publié avec le soutien de la School of History de l’université de Leeds.
1L’histoire de l’éducation, aux XIVe et XVe siècles, à Florence, est enregistrée dans les libri di famiglia ou dans les ricordi ou ricordanze, selon l’appellation contemporaine, qui rendent compte des changements de modèles éducatifs, depuis l’instruction traditionnelle, basée sur la lecture, l’écriture et l’arithmétique commerciale (abbaco), caractéristique du XIVe siècle, jusqu’au cursus plus élitiste qui se constitua dans le courant du XVe siècle. Des précepteurs (partageant souvent la résidence familiale); des leçons privées de chant, de danse et d’escrime; l’éducation au couvent des filles orphelines de mère (serbanza) devinrent les traits typiques, de plus en plus répandus, de l’éducation des élites florentines. Par ailleurs, l’instruction en latin, selon les principes humanistes, répondait à un choix élitiste analogue, qui se développa dans le dernier quart du siècle.
Une société alphabétisée
2On attendait des garçons issus des familles florentines des classes moyenne et supérieure qu’ils fassent carrière dans le commerce et l’industrie, et ils passaient normalement leur vie active dans ce que les Florentins appelaient les botteghe. Diriger de telles « boutiques » impliquait de savoir tenir des registres commerciaux, d’où le nombre élevé de livres de comptes (libri di entrata e uscita) de l’époque qui ont survécu. Ces registres étaient invariablement rédigés en langue vernaculaire : pour cette raison, un degré élevé d’alphabétisation était requis des jeunes Florentins. La vie de famille était organisée selon des principes semblables : une fois époux et pères, les garçons devaient être capables de tenir les comptes de leur maison. C’est là l’origine des journaux de famille ou libri di famiglia.
3Si l’éducation des garçons jouait un rôle vital dans la vie familiale, les filles des mêmes catégories sociales devaient également recevoir une éducation. Certes, tenir les comptes de la maison était presque exclusivement la prérogative du mari; cependant, de nombreuses femmes avaient à faire face à la perspective du veuvage : même si les veuves ne tenaient que rarement elles-mêmes les comptes commerciaux ou domestiques de la famille, il ne fait guère de doute qu’elles aient voulu lire ou vérifier en personne ce qu’y écrivait en leur nom un directeur commercial ou un parent. En outre, les filles devaient avoir accès aux lectures de dévotion. De l’omniprésence des livres de piété (libri della donna) dans les trousseaux florentins, on doit déduire une alphabétisation généralisée en vernaculaire chez les Florentines des classes moyenne et supérieure, et donc un apprentissage de la lecture, sinon de l’écriture.
4Or l’éducation coûtait cher, et les dépenses de toutes sortes engagées par la famille sont enregistrées dans les libri di famiglia. Il n’est donc pas surprenant que ceux-ci contiennent de nombreuses références à l’éducation des enfants. Ce n’est qu’au XVe siècle que Florence se dota d’une forme d’école communale, structure éducative qui demeura cependant marginale. Cette instruction « publique » ne fut pas dispensée gratuitement aux familles contribuables des communes italiennes avant le milieu du XVe siècle [1] et, même alors, Florence ne suivit pas la pratique instituée par nombre d’autres cités qui proposaient des subventions à leurs citoyens dans le domaine scolaire [2]. C’est pourquoi le salaire des professeurs était une rubrique habituelle des livres de famille.
5Les libri di famiglia constituent une source exceptionnelle pour atteindre les coutumes éducatives de la bourgeoisie florentine des XIVe et XVe siècles. Puisque, à Florence, l’éducation a toujours présenté, pour l’essentiel, un caractère privé, juger ce secteur d’activité en recourant à la législation publique ou aux registres financiers serait commettre une grave erreur. Si ces documents sont à même de fournir une image de l’éducation dans des villes où l’essentiel de l’enseignement était dispensé par la commune, les sources de ce genre sont inadéquates dans le cas de Florence. Pour cette ville, les seuls documents d’importance comparable sont les catasti (registres des impôts), mais l’image qu’ils restituent est moins riche que celle des libri di famiglia. Lors du premier catasto, celui de 1427, les chefs de famille n’étaient pas obligés d’indiquer les dépenses d’éducation qu’ils engageaient pour leurs enfants. Certains le faisaient néanmoins, afin d’impressionner en leur faveur les officiers du fisc par la mention des charges financières qu’il leur fallait supporter [3]. Ce n’est que dans le catasto de 1480 qu’un grand nombre de foyers, ayant mal interprété les instructions des déclarations d’impôts, donnèrent davantage d’informations sur l’éducation de leurs enfants [4]. Encore cette image n’est-elle valable que pour cette unique année. Les libri di famiglia fournissent donc de l’éducation florentine une image bien plus complète, qui débute au Trecento et, au Quattrocento, s’enrichit au fil des décennies.
6Trois modes d’éducation étaient dispensés aux enfants dans la Florence des XIVe et XVe siècles. Le plus élémentaire était l’apprentissage de la lecture et de l’écriture dans les « petites écoles ». Bien que le but ait été in fine l’alphabétisation en langue vulgaire, l’apprentissage s’y faisait toujours en latin, pour les garçons comme pour les filles [5]. La forme la plus répandue d’éducation secondaire était l’abaque, l’école arithmétique commerciale. L’instruction y était dispensée exclusivement en langue vernaculaire [6], et ces écoles n’étaient fréquentées que par les garçons. Ceux-ci pouvaient également recevoir un enseignement de grammaire (c’est-à-dire de latin), qu’il convient de distinguer de l’instruction élémentaire qui se déroulait aussi en latin, mais qui se limitait à la capacité de lire et d’écrire phonétiquement, à partir de textes latins. À ce stade, les enfants ne comprenaient pas ce qu’ils lisaient, et ne pouvaient pas davantage composer un texte en latin [7] : c’était là ce que l’on apprenait, en revanche, auprès des professeurs des écoles de grammaire [8].
7À Florence, l’instruction grammaticale connut un fort déclin entre 1300 et 1450 environ. Cette tendance coïncida avec la progression générale de l’usage de la langue vulgaire dans les sphères domestique et commerciale; les libri di famiglia en témoignent. Tout au long de cette période, l’immense majorité des garçons n’accédaient pas à l’école de grammaire : ils se contentaient de l’école d’abaque, où ils achevaient leur instruction en langue vulgaire. Certes, quelques-uns ont dû recevoir une formation qui leur permettait d’accéder aux professions lettrées, celles de la jurisprudence, du notariat, de la médecine ou de l’Église, mais les Florentins des classes moyenne et supérieure qui avaient de telles inclinations ou de telles ambitions pour leurs enfants étaient relativement peu nombreux [9]. Aussi les libri di famiglia nous informent-ils surtout sur le mode préférentiel d’éducation, une instruction fondée sur l’apprentissage de la lecture, en vernaculaire, entre 1300 et 1450 environ.
8Pour les Florentins des classes moyenne et supérieure, l’instruction avait une finalité utilitaire : elle leur fournissait des savoir-faire essentiels à leur négoce et, occasionnellement, à leur activité professionnelle. Même en ce qui concerne les femmes, ses buts étaient d’ordre pratique : la capacité de lire et de prier sur les libri di donna constituait la preuve ostensible qu’une femme ferait une épouse et une mère convenables. Dans la Florence médiévale et renaissante, le mariage et la filiation étaient le ciment des liens sociaux, économiques et politiques. Étant donné la vocation utilitaire de l’enseignement aux enfants, il n’est pas surprenant que les libri di famiglia ne contiennent que rarement des précisions sur les ambitions plus générales de l’éducation. Les réflexions philosophiques d’un Giovanni Morelli sur ce sujet sont une occurrence isolée.
9Un autre trait de l’éducation florentine que dévoilent les livres de famille fut, au XVe siècle, le renforcement de l’élitisme au sein des familles de la classe supérieure. Le phénomène se traduisit tout d’abord par le recours à un préceptorat privé pour les garçons (et parfois pour les filles); il s’étendit ensuite, et des raffinements tels que les leçons de musique furent ajoutés au programme des enfants des deux sexes. Les orphelines étaient de plus en plus souvent confinées dans les couvents, coûteuse pratique de l’aristocratie, dénommée serbanza. Cette source précieuse que sont les libri di famiglia fournit également des informations sur l’introduction d’une éducation humaniste parmi les garçons de l’aristocratie. L’humanisme parvint bien plus tard qu’on ne le croit ordinairement dans les salles de cours florentines, dans le dernier quart du XVe siècle, lorsque les manuels humanistes à la mode et les cours de latin devinrent de rigueur pour les jeunes garçons des milieux sociaux élevés. Jusqu’à un certain point, l’idéologie de l’éducation humaniste – l’idée selon laquelle l’apprentissage du latin assurait un progrès moral [10] – figurait déjà dans les libri di famiglia du XIVe siècle, comme le montre un des exemples les plus fameux du genre, les Ricordi de Giovanni di Paolo Morelli. Cependant, ce n’est pas avant la fin du XVe siècle que les idéaux énoncés par celui-ci trouvèrent à s’exprimer dans la réalité. Voici ce que Morelli écrivait dans ses Ricordi :
Le jeune garçon devra [...] apprendre à lire et écrire, et assez de latin pour suivre à la lettre les docteurs en droit, les actes notariés et autres écrits; de même, il lui faudra savoir s’exprimer par correspondance et rédiger une lettre en latin bien composée. Il te faudra constamment, à l’école et au dehors, rechercher et pratiquer la compagnie de jeunes semblables à toi, qui étudient comme toi et soient gens de bonne condition, bien élevés et vertueux; sois sans réserve et courageux quand tu leur parles, plaisantes ou te bats avec eux, sans mauvaises intentions mais pour t’accoutumer aux jeux de cet âge. Ces divertissements, ou d’autres plus vertueux tels que l’apprentissage de la musique ou des armes ainsi que d’autres activités d’agrément, se feront dans les moments où l’on n’étudie pas, au milieu du jour en été, le soir après l’école, les jours de fêtes. Le reste du temps, étudie : prends-le avec plaisir, montre du zèle, domine-toi et efforce-toi le plus possible d’apprendre. Quand tu auras appris quelque chose, fais en sorte chaque jour, au moins une heure durant, d’étudier Virgile, Boèce, Sénèque ou d’autres auteurs, comme ceux qu’on lit à l’école [11].
11Le plan d’études suggéré par Morelli reflète peut-être le programme des écoles élémentaires et des écoles de grammaire en Italie [12], mais le schéma éducatif idéalisé qu’il esquisse paraît fort éloigné de la réalité florentine du XIVe siècle. Morelli ne fait pas mention de l’enseignement arithmétique et commercial, dispensé dans les écoles d’abaque; il met fortement l’accent sur l’apprentissage du latin, qu’il importerait, selon lui, de poursuivre avec zèle après avoir quitté l’école; il va jusqu’à recommander les raffinements aristocratiques que sont les écoles d’escrime et de musique. Plus pragmatique, si l’on en croit son propre récit, avait été l’éducation que son père, Paolo di Bartolomeo, avait reçue à Florence au milieu du XIVe siècle :
Paolo devait avoir entre dix et douze ans [...] quand il entra de lui-même à l’école pour apprendre à lire et à écrire [...]. Il apprit ainsi à lire, écrire et compter. [...] Et quand il atteignit, grâce à Dieu, l’âge légitime et adulte de dix-huit ans, il exigea que ses frères lui donnent sa part d’héritage. Avant d’en arriver là, il était resté chez eux, dans leur négoce de guède, sans salaire quelques années [13].
13Ici, nulle mention de l’étude du latin ou de la grammaire; pas un mot sur le maniement chevaleresque des armes ou sur d’éventuelles leçons de musique. Bien au contraire, l’accent est mis sur un apprentissage de base, utile au marchand florentin : lecture, écriture et calcul sur l’abaque.
Au XIVe siècle : une éducation traditionnelle
14D’autres ricordanze confirment que le projet d’éducation normal, dans la Florence du XIVe siècle, était conforme à la formation de Paolo Morelli plutôt qu’à l’idéal évoqué par son fils Giovanni. Ainsi, les ricordi de Francesco di Giovani di Durante relatent l’éducation de l’auteur et de trois de ses frères entre 1334 et 1343. Francesco lui-même, né en 1323, entra à l’école d’abaque à onze ans, en 1334, tout comme, en 1338, son frère Lionardo, né en 1327; le cadet, Andrea, né en 1328, débuta sa scolarité dans une école de lecture en janvier 1339, puis changea pour suivre l’enseignement d’un maître d’abaque en septembre de la même année; le quatrième des frères, Simone, commença les leçons de lecture à six ans [14]. Quant à l’éducation des trois fils orphelins de messer Palla di Messer Francesco Strozzi, entre 1379 et 1384, elle se limita à la lecture. Des livres utilisés pour le cours de lecture élémentaire, tels le Donadello (c’est-à-dire le Donat) ou le Ianua [15], furent achetés à plusieurs reprises pour trois d’entre eux. On engagea une suite de maestri di fanciulli [16] – titre ordinairement employé pour rendre en langue vulgaire celui de doctor puerorum, c’est-à-dire maître de lecture [17]. De même, seule la lecture est au programme dans la ricordanza de ser Iacopo di Lardo de’ Lardi, qui écrivit le 4 octobre 1395 : « J’ai mis mon fils Paolo à l’école de Francesco di Francesco Leoni pour y apprendre à lire [18]. »
15Les maîtres et les écoles d’abaque ne sont pas absents des ricordanze du XIVe siècle. Allusion est faite, en 1385, à un « Michele di Gianni appelé di Monna Giera, maître d’abaque », employé par la famille Sassetti [19], tandis que les vicissitudes de toute une école d’arithmétique, entre 1322 et 1330, peuvent être suivies dans un registre de quittances de loyer, celui des botteghe du rez-de-chaussée du palais del Bene sur la Piazza Santo Spirito. Pour neuf livres par an, ser Tommaso dell’Abaco louait cette bottega à ses propriétaires, la famille del Bene, et il paya chaque semestre régulièrement jusqu’au mois de mai 1330. Apparemment, l’école fut alors reprise par sa veuve, qui s’acquitta du dernier versement dû par son défunt mari, puis loua encore le local pour une durée de six mois [20]. Il n’était pas inhabituel que les veuves florentines eussent à reprendre la suite de leur mari [21]; mais il s’agit du seul exemple parvenu à notre connaissance d’une école d’abaque tenue par une veuve. Plus aucun terme n’est versé après novembre 1330, et nous ignorons par conséquent si la veuve de Tommaso dell’Abaco a connu le succès avec l’établissement scolaire de son mari. Il est possible que cette boutique ait, pour finir, été utilisée comme école de lecture par un certain maestro Ventura, « qui accueille les jeunes enfants pour qu’ils lisent [22] » en 1366 et en 1367.
16Même s’il n’existe aucun témoignage corroborant le tableau peut-être idéalisé dressé par Giovanni Morelli, qui montre la jeunesse de Florence apprenant l’escrime et la musique au XIVe siècle, certains Florentins allaient manifestement plus loin dans les études de latin que ne l’avait fait le père de l’auteur. Le maestro Bartolomeo della Grammatica, par exemple, était payé une lire pour l’enseignement dispensé à Amerigo di Borgognone di Iacopo del Bene [23], en 1367, tandis qu’un récit plus détaillé de sa propre éducation dès l’âge de neuf ans est fourni par Bartolomeo di Niccolò di Taldo Valori :
En 1363 [...] moi, Bartolomeo, j’entrai à l’école de Maître Manovello pour apprendre le latin, et j’y suis resté jusqu’à la fin de mai 1367; puis, aux calendes de juin, j’entrai chez Maître Tommaso di Davizzo Corbizzi pour apprendre l’arithmétique et la comptabilité, et j’y suis resté jusqu’à février 1368; j’entrai alors aussitôt au service de la banque de Bernardo di Cino Bartolini au Marché Neuf [24].
18Un aperçu tout à fait semblable de l’éducation de son fils vient de la plume d’un père plein de fierté, Donato Velluti :
Quand il fut plus grand, je le mis à l’école; il apprit à lire et, étant doté d’un excellent esprit et d’une grande mémoire et intelligence, étonnant tout le monde par l’assurance de son langage, il apprit fort bien et fut en peu de temps bon latiniste. Je le mis à l’école d’abaque, et en très peu de temps il devint bon arithméticien. Je le retirai ensuite de cette école et le mis à la caisse d’une affaire de laines que je lui constituai [25].
20À l’évidence, certains Florentins du XIVe siècle apprenaient le latin à des fins professionnelles. Plus ambitieux encore était Amerigo di Borgognone del Bene, que nous avons vu lire le Donadello en 1367 : en 1376, neuf florins et vingt-quatre soldi furent dépensés par sa mère, la veuve Bindela, pour l’achat de « tunique, pourpoint, manteau et chaperons destinés à Amerigo quand il est parti pour Bologne [26] ». Bien sûr, la plupart des habitants de la ville n’auraient pu envisager, fût-ce en rêve, d’engager les frais que supposait une éducation universitaire à Bologne. De fait, cette initiation de l’élite au latin avait fréquemment un but pratique plus modeste et moins coûteux.
21Qu’en était-il des jeunes Florentines ? Sur ce chapitre, les théoriciens sont loquaces. Paolo da Certaldo s’opposait totalement à ce que les filles apprissent à lire, à moins qu’elles ne fussent destinées au couvent [27]. On craignait, selon Boccace, que la jeune fille n’inclinât à lire la littérature licencieuse que commettaient des auteurs tels que lui [28]; mieux valait, pour Paolo da Certaldo, qu’elle n’apprenne à lire qu’après avoir prononcé ses vœux [29]. Francesco da Barberino, dans son Reggimento delle donne, donnait des conseils plus précis encore sur l’éducation des femmes. Il recommandait la lecture et l’écriture pour celles de noble extraction, en particulier parce qu’elles étaient susceptibles de devoir pénétrer l’univers masculin par héritage ou par veuvage [30]. Mais il convenait qu’une fille bien née disposât d’une maestra à domicile [31], qui concentre son enseignement sur la lecture [32]. Les professeurs devaient de préférence, pour les filles, être des femmes, et seuls des hommes à la réputation irréprochable pouvaient être engagés [33]. Barberino attachait une grande importance aux leçons de chant et de danse, pourvu qu’elles se déroulassent avec mesure et dignité [34]. Par ailleurs, Francesco était totalement opposé à l’apprentissage de la lecture et de l’écriture par les femmes des catégories sociales inférieures, qui n’avaient à s’y connaître qu’en cuisine et autres travaux ménagers ou manuels [35].
22En pratique, les Florentins du XIVe siècle semblent avoir été peu enclins à suivre les conseils de Paolo da Certaldo. Les Florentines apprenaient souvent à lire et à écrire. Ainsi, entre 1345 et 1351, Giovanni et Niccolaio Niccolini payèrent à leur nièce orpheline Tommasa Delli des leçons de lecture et d’écriture dispensées par la sœur d’un professeur de grammaire [36]. De même, la sœur aînée de Giovanni Morelli, Bartolomea, « lisait et écrivait aussi bien qu’un homme [37] », tandis que sa seconde sœur également, Sandra, « savait [...] lire et écrire, fut très éloquente et bonne oratrice et savait bien dire ce qu’elle voulait [38] ». L’affirmation de Giovanni Villani selon laquelle huit à dix mille « garçons et filles [...] apprennent continuellement à lire à l’école [39] » paraît plus vraisemblable dans la Florence du Trecento que le veto de Paolo da Certaldo sur l’éducation primaire des femmes. Une femme pour enseigner à des jeunes filles, comme le recommande Francesco da Barberino, correspond à l’éducation reçue par Tommasa Delli, quoique l’on ne puisse dire avec certitude si sa préceptrice vivait avec la famille Niccolini. Cependant, la différence entre l’éducation d’une dame et celle d’un artisan, telle que l’évoque Barberino, a peut-être été un modèle davantage qu’une réalité dans la Florence du Trecento. Bien que Giovanni Morelli fasse figurer le chant et la danse dans la liste des compétences de sa sœur Bartolomea [40], on ne trouve aucune trace de maîtres de chant ou de danse dans les ricordanze du XIVe siècle, contrairement au siècle suivant, au cours duquel ils deviennent on ne peut plus courants. En outre, il est peu probable que les veuves reprenant le métier exercé par leur mari n’aient su ni lire ni écrire; la femme de Tommaso dell’Abaco aurait été incapable de tenir son école d’abaque si elle avait été illettrée [41].
Les premiers changements du XVe siècle
23Dans la première moitié du XVe siècle, la plupart des Florentins, si l’on en croit leurs ricordanze, continuèrent à suivre le modèle habituel du Trecento, en faisant dispenser à leurs fils une instruction simple reposant sur la lecture et l’écriture, suivie d’un apprentissage du maniement de l’abaque, destiné à les préparer au monde du commerce et de l’industrie. Les années de formation de Luca di Matteo di Messer Luca de’ Firidolfi da Panzano, telles qu’il les narre dans ses Ricordi, sont typiques :
Je vins habiter plusieurs années avec ma mère Monna Mattea, fille de feu Andrea del Benino, dans la maison de Luca di ser Filippo Carnesecchi son second mari et j’y demeurai de 1402 à janvier 1420, soit dix-huit années. J’y appris à lire, écrire et compter. À partir du mois de mai 1405, Monna Mattea ma mère me plaça sans salaire à la banque de Bartolomeo di Venino Peruzzi [42].
25C’est une éducation tout à fait semblable que reçurent, de 1422 à 1433, les fils de Antonio di Lionardo Rustici – un père difficile à satisfaire, comme l’apprirent à leurs dépens une foule de professeurs florentins. On envoya tout d’abord les garçons apprendre à lire la tavola (c’est-à-dire la tablette abécédaire [43] ), puis le syllabaire, auprès de Bernardo Zoppo; quatre mois plus tard, leur père les retira de son école, pour les placer, toujours occupés à lire la tavola, auprès de ser Gherardo « prêtre à la Badia de Florence », cela pendant six mois. Puis il engagea un pédagogue à domicile, Girolamo da San Miniato al Tedesco, qui demanda à être relevé de ses fonctions moins de deux mois plus tard, et prétendit qu’il voulait aller étudier à Pise. Nous n’avons plus de nouvelles sur l’éducation dans la maison des Rustici pendant trois ans. Lorsque l’histoire reprend, en novembre 1426, Antonio envoie ses fils à l’école de lecture d’Orsanmichele sous la conduite d’un ripetitore du nom de Francesco, qui partit avant la fin de sa première année; aussi Antonio dut-il garder ses fils à la maison jusqu’au mois de novembre suivant : il les envoya derechef lire à Orsanmichele avec un nouveau ripetitore, nommé Sandro. Celui-ci tint un an, puis, en novembre 1428, Antonio plaça ses fils auprès de ser Niccolò da Pratovecchio, pour des leçons de lecture. Il avait enfin trouvé un maître qui répondait à ses exigences, de toute évidence élevées, ou qui sut faire face à ses fils (dont il est permis de penser qu’ils n’étaient guère dociles), car ser Niccolò assura quatre années d’enseignement. En 1432, les fils de Antonio Rustici en finirent avec l’école de lecture et furent inscrits un an au cours d’abaque dispensé par maestro Mariano del Maestro Michele. En mai 1433, Antonio emmena ses fils à la campagne, déclarant, de retour à Florence : « Je ne les renvoyai plus à l’école de calcul parce que je les plaçai dans des botteghe [44]. » Il est certain que, pour des familles comme les Rustici ou les Firidolfi, le but de l’éducation était utilitaire : la lecture préparait à l’école d’abaque, qui conduisait tout droit à la bottega.
26De fait, il existe un témoignage explicite dans le cas de deux orphelins florentins, Piero et Benvenuto di Ugolino Michi, qui furent élevés par leur mère Gemma et dont le cursus nous est conservé pour la période allant de 1415 à 1420. Lire et écrire constituaient l’ordinaire de leur instruction, avec la lecture de textes comme le salterio (le psautier) [45], dont il fallut acheter des exemplaires à maintes reprises et que l’on fit relier plusieurs fois et munir d’une tascha, une housse de protection. Il fallait encore acquérir crayons, encre, tablettes; il fallait offrir aux professeurs les divers cadeaux d’usage, faire donner des leçons de lecture par le prêtre de la paroisse lorsque la famille se trouvait à la campagne, dans sa propriété de Careggi [46]. Et tout cela à seule fin que Piero et Benvenuto, comme le mentionnent les ricordi de la famille, puissent « lire et écrire suffisamment pour passer à l’école de calcul » [47].
27S’il n’était pas la norme, l’enseignement du latin se rencontrait, au moins jusqu’à un certain point, dans les familles florentines. Dans certaines maisons, la division du cursus entre lecture et grammaire était parfois estompée : ainsi, en 1429, on acheta à Francesco di Tommaso Sassetti « deux “règles majeures” qu’il devait lire » avec ser Francesco, prêtre, bien que cet intitulé fût habituellement celui des manuels de grammaire, et non de lecture [48]; Francesco Sassetti, pour sa part, fut vite ramené au modèle habituel de l’éducation florentine, puisqu’il fut mis à l’école d’abaque de Nanni del Maestro Luca dell’Abaco [49]. Parfois, l’étude du latin n’avait aucune justification utilitaire explicite, conformément, peut-on penser, à l’idéal avancé par Giovanni Morelli à la fin du Trecento; c’est par exemple le cas de Matteo di Simone di Filippo Strozzi, qui alla chez un « maestro della gramaticha [50] » en 1412, ou de Giovanni Neroni à qui son frère Dietisalvi prêta, en 1431, « un volume de “règles majeures” et d’autres œuvres pour apprendre le latin [51] ».
28L’étude désintéressée du latin n’en était pas moins un fait peu courant dans la Florence du XVe siècle : « Un très petit nombre des hommes de cette époque choisissaient d’apprendre le latin – ou se le voyaient imposer, écrivait Antonio Manetti dans sa Vie de Brunelleschi – à moins qu’ils n’aient le projet de devenir médecins, notaires ou prêtres [52]. » Tel fut le cas d’un parent de Filippo di Simone Strozzi, Antonio di Niccolò Ferrantini, qui alla prendre des leçons de grammaire auprès d’un certain don Niccolò en 1412, peu de temps avant d’entrer dans les ordres, de devenir chanoine et de détenir plusieurs bénéfices [53].
29Ainsi, les remarques de Antonio Manetti, qui écrivait à la fin du Quattrocento, n’étaient probablement pas dénuées de fondement lorsqu’il donnait à entendre qu’il n’existait pas encore, aux générations précédentes, de véritable différence de cursus entre l’élite et les catégories sociales plus populaires : « Lire, [...] écrire et compter [...] est pratiqué par les hommes de bonne naissance et la majorité des Florentins [54] »; il y eut néanmoins, au tout début du XVe siècle, une évolution dans l’éducation florentine qui commença à nettement distinguer l’aristocratie des autres citoyens. De là date l’émergence du phénomène du pédagogue à domicile. Les Strozzi sont la première famille à faire apparaître, dans les ricordanze, l’existence, en novembre 1380, d’un tel « maître qui enseigne aux enfants et demeure dans la maison de Nofri di Palla » [55].
30Vespasiano da Bisticci dresse une longue liste de familles illustres et de tuteurs célèbres [56], et les ricordanze du début du XVe siècle montrent aussi l’ampleur de la diffusion des pédagogues privés dans l’élite florentine. Certes, on trouve des exemples de précepteurs in loco parentis, et c’est le cas des héritiers de Rosso di Messer Scolaro Cavalcanti [57], en 1410, ou du pupillo Antonio Ferrantini, en 1418, au nom duquel on versa de l’argent à Antonio, son répétiteur, qui est resté huit mois avec lui [58]. Cependant, il était devenu normal au XVe siècle que des maîtres vivant au domicile de leur élève s’ajoutent à la présence paternelle, sans pour autant la remplacer. Ainsi Antonio Rustici qui, en 1423, offrit à un certain Girolamo da San Miniato al Tedesco le poste de maestro in casa et « répétiteur de mes enfants » [59]; Palla Strozzi, dont le « maestro de’ figli », ser Dionigi di Messer Feo da Castiglione Aretino, mourut à son service, en 1423 [60]; et Francesco di Tommaso Giovanni qui, alors qu’il occupait une charge de magistrat florentin dans le contado en 1439, emmena à sa suite un certain ser Biagio di Domenico da San Gimignano, « comme répétiteur instruisant mes enfants » [61]. De tels tuteurs privés pouvaient grever les budgets même dans les classes supérieures; Vespasiano avoue une somme de cent florins versée comme salaire annuel par la famille Pazzi au tuteur de Piero di Messer Andrea, Tommaso Pontano [62], chose difficile à croire, mais de plus humbles uomini dabbene (les « hommes de bonne famille ») pouvaient essayer de réduire la dépense : Francesco Giovanni employa aussi le précepteur de ses enfants comme notaire dans ses fonctions officielles dans le contado et, dès qu’il revint à Florence, le tuteur fut congédié [63].
31Au début du XVe siècle, le modèle de l’éducation des femmes commençait également à présenter des divergences remarquables selon qu’il s’agissait de l’élite ou du reste du peuple. On a observé que Francesco da Barberino distinguait entre les femmes nobles, qui devaient apprendre à lire, chanter et danser, et les femmes di comune essenza, de condition commune, qui ne devaient apprendre qu’à s’occuper des tâches domestiques et à qui il n’était nullement souhaitable d’enseigner la lecture. De telles distinctions sociales étaient peut-être davantage un idéal qu’une réalité, au Trecento, mais, au XVe siècle, des témoignages d’une éducation particulière aux filles de l’élite commencent à se faire jour. Les leçons de danse et de musique sont dès lors attestées par des documents, ainsi dans la maison de feu Paliano di Falco Paliani dont la veuve, Monna Giana, engagea en 1421 un certain Gherardino di Gherardo, « un jeune homme qui enseigne la danse à Caterina et Constanza, filles de Paliano »; ce maître de danse était payé onze florins, « afin de gonfler d’orgueil leur mère » [64]. Tout aussi dispendieuses, les leçons de chant données à Sveva, fille de Doffo di Nepo Spini, en 1418, par le maestro di canto Mattia di Iacopo da Firenze, qui demandait des gages mensuels d’un florin; au bout du compte, Doffo dut en débourser quatorze pour les cours en question [65]. Il est difficile d’affirmer que les professeurs de lecture engagés pour les jeunes filles de l’élite étaient, à l’époque, régulièrement des femmes; on peut supposer que tel était le cas, en particulier quand il n’y avait pas de garçons au foyer, ainsi chez les Paliani, où la famille ne comptait que cinq filles et où la mère engagea, en 1417, « une maîtresse qui apprend à lire à Toncina, fille de Paliano [66] ». En d’autres circonstances, les filles peuvent avoir été enseignées en même temps que leurs frères, comme dans le cas de Migliore di Tommaso Guidotti – père, en 1427, de quatre enfants : Tommaso, huit ans, Alessandra, six ans, Nanna, trois ans, et Giovanni, un an – et qui écrivait : « Je me retrouve avec un maître à la maison qui instruit tous mes enfants, ce dont je ne tire aucun profit, mais y dépense beaucoup [67]. »
La seconde moitié du XVe siècle : une éducation aristocratique
32Après 1450, grand nombre des maisons de l’élite continuaient à dispenser à leurs fils l’éducation florentine traditionnelle – lecture et écriture, suivies de l’abaque – afin de les préparer à entrer tôt à la bottega. Exemplaire est le cas des héritiers de Francesco Pecori, qui mourut en 1462 en laissant deux enfants à éduquer, Tommaso, né en 1456, et Dino Francesco, né en 1462, dont on peut retracer l’histoire de l’éducation, entre 1465 et 1476, grâce aux ricordanze. Les cinq premières années consistèrent en exercices quotidiens de lecture, d’abord sous la férule de ser Verdiano di Ser Cristofano, de 1465 à 1469, puis d’un nommé ser Marco, auquel succéda le clerc Bernardo di Lorenzo, de 1469 à 1470. Les professeurs reçurent les cadeaux d’usage au moment des grandes fêtes du calendrier et les garçons les fournitures habituelles : la tablette et le psautier. Puis, en 1471, juste après l’anniversaire de ses quinze ans, Tommaso, le frère aîné, alla apprendre l’abaque, muni d’une tavola del’abaco, tandis que le cadet continuait ses leçons de lecture jusqu’en 1473, année où il fut placé à son tour dans une école d’abaque sous la direction d’un maître nommé Benedetto, muni d’une tavola da abaco qu’il fallut remplacer trois ans plus tard [68]. La finalité utilitariste de l’éducation florentine était reprise à son compte en 1469 par ser Agnolo Bandini : « Ricordo comment le 5 août 1469 je m’accordai avec ser Francesco qui enseigne la lecture, pour qu’il apprenne à mon fils bâtard Bastiano à lire et écrire, de manière à ce qu’il sache lire des lettres et en écrire afin d’être capable de tenir ses comptes »; le même mois, ser Agnolo, qui en voulait à l’évidence pour son argent, écrivait : « Je l’ai retiré [de chez ser Francesco] parce qu’il n’apprenait rien et n’y allait pas [69]. » Même dans une ancienne famille florentine comme les Rossi, l’instruction des deux rejetons, Guerrieri et Amerigo, était entièrement traditionnelle et se bornait à la lecture et à l’abaque [70].
33Dans la seconde moitié du Quattrocento, l’abaque était toujours la forme d’éducation secondaire la plus populaire à Florence, et son enseignement est mentionné dans bien des ricordanze de l’époque [71]. À la fin du Quattrocento, le succès des écoles d’arithmétique ne se démentit pas, grâce à un maestro fort en vogue du nom de Callandro, auteur d’un traité d’abaque en langue vernaculaire qui, dédié à Giuliano di Lorenzo de’ Medici, allait être imprimé dans la cité en 1492; dans la préface, l’auteur insistait sur l’excellence commerciale des Florentins et sur l’intérêt particulier de la jeunesse pour l’étude de l’abaque [72]. Callandro parlait ici d’expérience, puisque, vers le milieu du Quattrocento, il avait attiré dans son école nombre de rejetons de l’élite florentine [73].
34Enfin, mais plus tard qu’on ne l’aurait attendu, l’élite finit par entendre l’appel de l’éducation humaniste. Niccolò Niccoli, le premier humaniste amateur florentin de l’époque, avait fait œuvre de prosélyte et converti de nombreux membres de l’élite dès le début du XVe siècle [74], et beaucoup de grandes familles florentines comptaient alors des humanistes amateurs [75]. Avant le dernier quart du XVe siècle, cependant, on ne discerne pas la moindre brèche dans le modèle éducatif traditionnel de l’élite, qui voulait que seule une minorité de garçons poursuivît l’étude du latin après les écoles de lecture et d’abaque. Dans les ricordanze des périodes situées respectivement entre 1400 et 1450, et entre 1451 et 1475, les rapports respectifs du couple lecture-abaque, d’une part, et du latin, d’autre part, demeurèrent inchangés : peu de garçons de l’élite, on l’a vu, allaient jusqu’à l’école de grammaire. Entre 1451 et 1475, on comptait, au nombre de ces étudiants, Iacopo di Salvestro di Lionardo Pucci qui, en 1451, emprunta à Giuliano d’Antonio Bartoli un manuel de grammaire contenant un programme complet [76], et Marco di Matteo Strozzi, élève de l’école cathédrale de grammaire, le Collegio Eugeniano, de 1466 à 1474 [77].
35La Renaissance finit par se faire sentir dans les écoles de l’élite florentine au cours du dernier quart du XVe siècle. Le nombre des élèves étudiant la grammaire dépassa alors significativement, si l’on se fonde sur les ricordanze, le nombre de ceux qui fréquentaient l’école d’abaque. Outre cet accroissement numérique, il existe des preuves on ne peut plus claires d’une influence humaniste sur le programme grammatical. Avant 1475, les manuels de grammaire mentionnés dans les ricordanze étaient parfaitement traditionnels, et décrits habituellement comme regole minori ou maggiori. Mais, à la date du 8 juillet 1477, Bartolomeo Sassetti notait dans son livre la dépense suivante : « Pour prix d’un livre des Lettres familières de Tullius que j’ai acheté pour Gentile, un florin et trois sous [78]. » Si les lettres de Cicéron n’avaient jamais fait partie du programme traditionnel de latin, au Moyen  ge, elles devinrent en revanche un modèle stylistique chez certains maîtres humanistes, rôle auquel elles durent une large diffusion dans les classes des écoles florentines à la fin du siècle [79]. De plus, le 2 août 1477, soit moins d’un mois plus tard, Bartolomeo acheta au prix d’un florin un exemplaire d’un « livre appelé Les Élégances de Lorenzo Valla [80] ». Les Elegantiae de Valla étaient d’un niveau trop élevé pour les écoles [81], les professeurs humanistes leur préférant habituellement les Elegantiolae de Agostino Dati [82]. L’intention de Bartolomeo Sassetti n’en était pas moins claire, et, au sein de l’élite, son attitude était à présent partagée par nombre de pères. Le signe le plus concret de cette nouvelle mode des manuels humanistes dans les écoles florentines de la fin du XVe siècle est le succès qu’y connurent les Rudimenta grammatices de Niccolò Perotti [83]. Écrite en 1468, mais sortie des presses dans sa première édition seulement au début des années 1470, la grammaire de Perotti devint un succès de librairie dans les écoles de grammaire de Florence. L’ouvrage, nommé « reghole supuntine pe’fanciulli », « regole sepontine », « regole sepontie », « rigole di Sepuntino » ou « reghole di Sepontino » ou encore « reghole serpentine », parvint entre les mains des élèves de nombreuses maisons entre 1476 et 1486 [84].
36La mode des pédagogues à domicile progressa si fortement, à la fin du XVe siècle, qu’une large majorité des garçons de l’élite recevaient à présent chez eux une éducation dispensée par des tuteurs privés. Il serait fastidieux d’énumérer tous les garçons dont les ricordanze nous indiquent qu’ils étaient instruits dans le dernier quart du XVe siècle par de tels maestri, mais les maisons auxquelles ils appartiennent composent une espèce de bottin mondain de la cité – y figurent les familles Capponi, Strozzi, Morelli, Gherardi, Gondi, Bartolini, Soderini et Giugni.
37L’éducation des filles de l’élite prit-elle également une tournure plus exclusive à la fin du XVe siècle ? Le placement des orphelines dans les couvents florentins a été étudié par Christiane Klapisch-Zuber, qui écrit : « Des Florentins qui perdent leur épouse, mère ou marâtre de leur fille, des tuteurs qui ont la charge de nièces que leur mère veuve quitte pour se remarier, placent immédiatement les orpheline en “serbanza”, en garde dans un monastère. [...] Elles apprennent là, “in custodia” d’une nonne responsable d’elles – leur maestra, substitut de la mère – les mêmes travaux d’aiguille et s’y font lire les mêmes ouvrages de dévotion que sous le toit paternel [85]. » Dix-sept cas de serbanza sont ainsi dénombrés [86], mais on ne peut dire avec certitude si les jeunes filles apprenaient bien à lire; C. Klapisch-Zuber note qu’« aucun enseignement particulier de la lecture ou de l’écriture n’est mentionné dans ces différents textes [87] ». Le nombre d’orphelines à qui l’on enseignait la lecture dans les couvents était pourtant plus élevé, selon toute vraisemblance, que ne le suggèrent les références explicites de ce genre, puisqu’elles prenaient parfois avec elles des libri di donna [88]. Pour l’analyse de l’évolution de l’éducation féminine, il est peut-être significatif que l’on trouve si peu de références à cet usage au Trecento : on ne dispose que de deux ou trois cas [89]. Un modèle tout aussi courant, sinon davantage, pouvait être l’éducation à la maison de l’orpheline avec une maestra – cas de Tommassa Delli. Il ne fait cependant aucun doute que, au XVe siècle, la serbanza était devenue la norme dans les maisons de l’élite. C. Klapisch-Zuber cite la ricordanza de Luca di Matteo da Panzano, dans laquelle des maestre sont mentionnées sans référence à l’enseignement de la lecture [90]. L’existence de leçons de lecture et les motifs de la serbanza sont explicites, en revanche, dans les ricordi de messer Virgilio Adriani :
Ricordo que [...] le 26 avril [1478] [...], comme ma fille Alessandra résidait [au monastère de] Fuligno avec sœur Piera, fille de feu Bertino di Tommaso Strozzi et veuve d’Alessandro d’Antonio del Vigname, ma belle-sœur et la tante de cette Alessandra ma fille, moi, Virgilio d’Andrea di Berto, docteur comme je l’ai dit, voulus écarter tout motif de scandale à son propos et pour plus de sécurité l’envoyai en serbanza au monastère de San Giuliano, voisin de celui de Fuligno et proche de Sant’Antonio de Florence. [...] Puis, considérant que je n’avais plus mon épouse sa mère, je l’y laissai afin que [les religieuses] s’en occupent, lui enseignent tout qu’il faut que les filles sachent : coudre, tailler, filer et très bien lire, et qu’elles lui donnent d’excellentes manières. Elles, c’est-à-dire la prieure et la sœur Giuliana, qui sont tant prieure qu’administratrice dudit monastère, disent vouloir pour l’entretien de Alessandra et son instruction (filer, coudre, tailler, lire et avoir de bonnes manières) quatorze florins par an, ce que j’ai ramené à un total de treize florins, et j’ai voulu par ce ricordo établir la vérité [sur cet accord]. En outre, elle portera ses habits de laine et son linge, ainsi que beaucoup de choses propres aux jeunes filles, et je devrai lui envoyer une autre robe valant vingt-cinq florins, un bel et bon livre d’heures avec tous les offices, une paire de draps, un lit de cinq brasses et demie et quatre toiles neuves [91].
39Outre qu’il fournit une preuve sans ambiguïté que la lecture était enseignée aux orphelines dans les monastères, ce texte fait apparaître avec une grande clarté l’articulation des motifs de la serbanza : éviter le scandale, protéger (la virginité), assurer une éducation qui convienne à une femme de qualité (« achustumirlla molto bene ») et une vraie compétence de lecture (« leggere molto bene »). Virgilio ne tint sa fille au couvent que quatre mois et dix-sept jours [92] – ce qui ne doit pas surprendre, étant donné la dépense importante que cela représentait; Luca da Panzano, quant à lui, avait envisagé une retraite de quatre ans pour ses deux filles, moyennant un coût total de quatre-vingt-huit florins, mais lui aussi les retira du couvent plus tôt, après seulement dix-sept mois [93]. Il n’est pas étonnant de constater que, au XVe siècle, tout comme les répétiteurs privés, la serbanza était un luxe réservé aux seules élites.
40Ainsi, la retraite monastique distinguait une élite de pupilles parmi la multitude des filles d’un rang moins élevé ayant perdu leur mère, et il existe d’autres indices de ce que l’éducation des filles de l’aristocratie devenait sans cesse plus élitiste dans la Florence du Quattrocento. Il est vrai que certaines filles étaient encore éduquées selon la manière traditionnelle, avec leurs frères, par des maestri; par exemple, en 1482, Camilla et Bernardo, les orphelins de Bartolomeo Gherardi [94], et, en 1489, Bernardino et Margherita, pupilli de Antonio Gondi [95], qui apprirent à lire sous la direction d’un « prêtre », ser Antonio. Pourtant, l’éducation élitiste que préconisait Francesco da Barberino pour les filles des classes supérieures au début du XIVe siècle finit par devenir une réalité un siècle et demi plus tard. Des femmes étaient à présent employées comme professeurs spécialisés pour les filles, et même comme pédagogues à domicile, par exemple pour Francesca, fille de Piero di Luigi Alinari e de Cosa (sa seconde épouse), Bartolomeo Sassetti effectua plusieurs paiements à la maestra qui lui apprend à lire en 1472 et 1474 [96], et Alessandra, mère de Camilla di Bartolomeo Gherardi, paya sa maestra en 1483 [97]. Les héritiers de Filippo di Matteo Strozzi engagèrent en 1491 une femme comme tutrice à demeure, Monna Chammilla, « notre maîtresse », pour leurs filles Fiammetta, Alessandra, Caterina et Lucrezia, qui avaient entre quatre et quatorze ans [98]. On dispensait désormais couramment non seulement des leçons de danse aux filles de l’aristocratie, mais aussi de musique : en 1477, Alessandra di Bartolomeo Sassetti reçut également des leçons d’orgue [99]. Même les garçons des classes supérieures avaient droit à ces enseignements jusqu’alors réservés aux filles [100]. Les maîtres de danse les plus en vogue à la fin du XVe siècle étaient Maestro Giorgio et l’un de ses collègues nommé Fede, qui enseigna non seulement dans les maisons Strozzi, mais encore chez les Sassetti et les Cresci [101]; au début du XVIe siècle, un maître leur succèda, dénommé Lanzo [102], et il importe de signaler ici « lo Spagnuolo », un professeur qui enseigna également la danse (espagnole ?) dans la maison Bracciolini au cours des années 1470 [103]. Le prix normal des leçons de danse était d’un florin par mois [104], alors que les leçons d’orgue dispensées par Francesco di Maestro Antonio degli Organi coûtaient presque aussi cher (dix-huit soldi par mois) [105]. De telles dépenses étaient à coup sûr considérées comme de parfaites extravagances, bien dignes de l’aristocratie, par les Florentins d’un rang plus humble, qui s’estimaient probablement heureux si leurs filles réussissaient à lire leurs libri di donna [106].
41Une éducation élitiste avait donc fait son apparition à Florence, pour les jeunes des deux sexes, à la fin du Quattrocento. Les filles de l’aristocratie réalisaient à présent les idéaux exposés pour leur classe par Francesco da Barberino au début du XIVe siècle. Celui-ci n’aurait jamais pu envisager, cependant, un tel recours aux monastères pour dispenser aux nobles pupille une telle éducation. Giovanni Morelli avait eu lui aussi l’ambition d’une large culture littéraire pour les garçons de l’élite. Mais il n’aurait pu imaginer que les pères, à la fin du XVe siècle, eussent réussi à élever leurs fils au-dessus de la multitude grâce à la renaissance humaniste.
42Traduit par Aurélien Berra
Date de mise en ligne : 01/08/2004
Notes
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[1]
Voir ROBERT BLACK (éd.), Studio e scuola in Arezzo durante il medioevo e il Rinascimento : i documenti d’archivio fino al 1530, Arezzo, Accademia Petrarca, 1996, p. 522 sq.
-
[2]
ID., « Education and the emergence of a literate society », in J. M. NAJEMY (éd.), Short Oxford history of Italy : Italy in the age of the Renaissance, 1300-1550, Oxford, Oxford University Press, à paraître.
-
[3]
ROBERT BLACK, Humanism and education in Medieval and Renaissance Italy : tradition and innovation in Latin schools from the twelfth to the fifteenth century, Cambridge, Cambridge University Press, 2001, p. 57.
-
[4]
ARMANDO VERDE, Lo studio fiorentino, 1473-1503, Florence, Istituto nazionale del Rinascimento, 1973-1995, t. III, p. 1005 sq.
-
[5]
R. BLACK, Humanism and education..., op. cit., pp. 41-44.
-
[6]
PAUL F. GRENDLER, Schooling in Renaissance Italy. Literacy and learning, 1300-1600, Baltimore, The Johns Hopkins University Press, 1989, pp. 306-329.
-
[7]
R. BLACK, Humanism and education..., op. cit., pp. 34-63.
-
[8]
Ibid., pp. 63-172.
-
[9]
ROBERT BLACK, « Education and the emergence of a literate society », à paraître. 8
-
[10]
ANTHONY GRAFTON et LISA JARDINE, From humanism to the humanities, Cambridge, Harvard University Press, 1986; R. BLACK, Humanism and education..., op. cit., pp. 12-28 et p. 368; ID., « Humanism », in C. ALLMAND (éd.), The New Cambridge medieval history, Cambridge, Cambridge University Press, 1998, pp. 274-277; ROBERT BLACK, « Florence », in R. PORTER et M. TEICH (éds), The Renaissance in national context, Cambridge, Cambridge University Press, 1992, pp. 31-37.
-
[11]
GIOVANNI MORELLI, Ricordi, édité par Vittore Branca, Florence, Le Monnier, 1956, pp. 270-271 : « E’ debba [...] apparare di leggere e scrivere e tanta grammatica ch’egli intenda secondo la lettera i dottori o carte di notaio o altro iscritto; e simile sappi parlare per lettere e scrivere una lettera in grammatica e bene composta. E di continovo, e nelle scuole e di fuori, vogliti ritrovare, usare e praticare co’ giovanetti tuoi pari, che istudino come tu e sieno persone da bene, costumati e vertudiosi; e con loro sia ardito e coraggioso al parlare, a scherzare, all’azzuffare, ma non da male animo, per adattarsi al fare degli altri giuochi appertenenti a simile età. E questi ispassi, o altri più vertudiosi, come nelle scuole della musica o dello ischermire o d’altri ispassi dilettevoli, si vogliono usare a tempi non si istudi, come di meriggio a tempo di state, la sera uscito di scuola, il dì delle feste. A tutti altri tempi istudia : prendilo con diletto, sievi sollecito, vinci te medesimo, isforzati quanto puoi d’apparare. E di poi hai apparato, fa che ogni in dì, un ora il meno, tu istudi Verigilio, Boezio, Senaca o altri autori, come si legge in iscuola. »
-
[12]
R. BLACK, Humanism and education..., op. cit., passim.
-
[13]
G. MORELLI, Ricordi, op. cit., pp. 145-147 : « Dovea avere Pagolo dieci o dodici anni [...] e’ si puose da se medesimo a bottega per imparare a leggere e scrivere [...] egli apparò di leggere e scrivere e abaco. [...] E venuto coll’aiuto di Dio in legittima e perfetta età d’anni diciotto o di più, e’ volle che’ suoi fratelli gli assegnassono la parte sua. Innanzi che venisse a questo, egli era istato con loro nel fondaco del guado a salaro alcuno anno. » 8
-
[14]
ARMANDO SAPORI, « La cultura del mercante medievale italiano », in ID., Studi di storia economica, Florence, Sansoni, [1940] 1955, pp. 53-93, ici p. 67.
-
[15]
Voir R. BLACK, Humanism and education..., op. cit., p. 44 sq.
-
[16]
ASF, Carte strozziane III. 277, ff. 91v., 96v., 103v., 114r., 116v., 122v., 125r., 129r., 134v., 167v., 168r., 173v., 181v., 183v., 191r., 195r., 199v.
-
[17]
Voir R. BLACK, Humanism and education..., op. cit., p. 34 sq.
-
[18]
« Puosi Pauolo mio figliuolo a leggere alla bottega di Francescho di Francescho Leoni » (BNCF, Palatino 1129, f. 51r.).
-
[19]
ASF, Carte strozziane II. 4, f. 91r.
-
[20]
ASF, Carte del Bene 26, ff. 17r.-29v.
-
[21]
LAURO MARTINES, « A way of looking at women in Renaissance Florence », Journal of Medieval and Renaissance studies, 4,1974, pp. 15-28.
-
[22]
« Maestro Ventura che tiene i fanciulli a lleggiere » (ASF, Carte del Bene 26, f. 57r.).
-
[23]
Ibid., 32, f. 7r.-v.
-
[24]
« E l’anno MCCCLXIII [...] io Bartolomeo mi puosi a imparare gramaticha a la schuola del maestro Manovello e stetivi sino al anno MCCCLXVII per tutto il mese di maggio e poi in kalendi giungno anno detto mi puosi a imparare albacho per sapere fare di ragione con l’maestro Tomaso di Davizzo de’ Corbizzi e stettivi infino a febraio anno 1367 e detto dì mi puosi a la tavola di Bernardo di Cino Bartolini banchiere in merchato nuovo » (BNCF, Panciatichi 147, f. 1r.).
-
[25]
« Venne crescendo, puosilo a la squola : avendo apparato a leggere e avendo bonissimo ingegno, memoria e intelletto, e buono e saldo parlare, che facea ciasceduno maravigliare, apparava e apprendeva bene; di ché, in poco tempo fu buono gramatico. Puosilo a l’abaco, e diventò in pochissimo tempo buono abachista. Poi ne llevai, e avendogli 8 fatta una bottega d’arte di lana [...] il puosi alla cassa » (cité par A. SAPORI, « La cultura... », art. cit., p. 71).
-
[26]
« Ghonella, farsetto, mantello e chapucci per Amerigho quando andò a Bologna » (ASF, Carte del Bene 32, f. 8r.).
-
[27]
PAOLO DA CERTALDO, Libro di buoni costumi, édité par Alfredo Schiaffini, Florence, Le Monnier, 1945, pp. 126-127.
-
[28]
BOCCACCIO, Corbaccio, in Opere minori in volgare, édité par Mario Marti, Milan, Rizzoli, 1969-1972, t. IV, p. 305 sq. Cf. ROBERT DAVIDSOHN, Storia di Firenze, Florence, Sansoni, 1965, t. VII, p. 216.
-
[29]
P. DA CERTALDO, Libro di buoni..., op. cit., p. 127.
-
[30]
FRANCESCO DA BARBERINO, Reggimento e costumi di donna, édité par Giuseppe E. Sansone, Turin, Loescher-Chiantore, 1957, p. 15.
-
[31]
Ibid., pp. 13-25 et passim.
-
[32]
Ibid., pp. 15,17-18.
-
[33]
Ibid., p. 15.
-
[34]
Ibid., pp. 13-25.
-
[35]
Ibid., p. 19.
-
[36]
CHRISTIANE KLAPISCH-ZUBER, « Le chiavi fiorentine di barbablù : l’apprendimento della lettura a Firenze nel XV secolo », Quaderni storici, 57,1984, p. 789 (en français, « Les clefs florentines de Barbe-Bleue. L’apprentissage de la lecture », in ID., La maison et le nom. Stratégies et rituels dans l’Italie de la Renaissance, Paris, Éditions de l’EHESS, 1990, pp. 309-330, ici p. 322, n. 69); CHRISTIAN BEC, Les marchands écrivains : affaires et humanisme à Florence, 1375-1434, Paris, Mouton, 1967, p. 385.
-
[37]
« Leggeva e scrivea tanto bene quanto alcun uomo » (G. MORELLI, Ricordi, op. cit., p. 179).
-
[38]
Ibid., p. 184 : « Seppe [...] leggere e scrivere, fu molto eloquente, grande parlatore e sapea bene dire quello volea. »
-
[39]
GIOVANNI VILLANI, Nuova cronica, édité par Giuseppe Porta, Parme, Fondazione Pietro Bembo/Ugo Guanda, 1991, t. III, p. 198.
-
[40]
G. MORELLI , Ricordi, op. cit., p. 179.
-
[41]
ASF, Carte del Bene 26, ff. 28v., 29v. 8
-
[42]
« Tornandomi a stare già era più ani per adietro cho’ Mona Mattea mia madre e figliuola che ffu d’Andrea del Benino in chasa di Lucha di Ser Filippo Charnesecchi suo secondo marito et ivi stetti dal 1402 per insino di giennaio 1420, cioè anni 18. Tanto aparai a leggiere e schrivere e l’abacho. E del mese di maggio 1405 Mona Mattea mia madre mi mandò a stare sanza salare al bancho di Bartolomeo di Venino Peruzzi. » (ASF, Ricasoli Parte antica, Libri di amministrazione III, f. 167v.).
-
[43]
Voir R. BLACK, Humanism and education..., op. cit., p. 36 sq.
-
[44]
« No’gli rimandai più all’abacho perché gli posi i’botteghe »; ASF, Carte strozziane II. 11, ff. 32v., 33v., 35v., 45r., 48v., 49v., 51v., 53r., 61v., 63v.
-
[45]
Voir R. BLACK, Humanism and education..., op. cit., p. 37 sq.
-
[46]
ASF, Manoscritti 82, ff. 65v.-69r., 82r.
-
[47]
« Leggere et scrivere a soficenza d’andare all’abacho » (ASF, Manoscritti 82, f. 66v.). Une éducation tout aussi utilitaire était dispensée à d’autres garçons florentins du début du XVe siècle, parmi lesquels Lorenzo di Ilarione de’ Bardi, dont le fils Lorenzo étudiait le Donadello avec ser Battista da Nurcia au milieu des années 1420 (ASF, Corporazioni religiose soppresse dal governo francese 79, no 119, ff. 94v., 97v., 101r., 110v., 111v.); Francesco, le fils orphelin de Bertino Turadini, dont la mère, Monna Veniziana, engagea un maître pour lire le salterio avec lui en 1439 et 1440 (ASF, Compagnie religiose soppresse da Pietro Leopoldo 1026, no 201, f. 13 gauche, 24 gauche, 31 droite); et les fils de Gherardo di Bartolomeo Gherardi, qui leur acheta deux salteri en 1440 (ASF, Carte Gherardi-Piccolomini d’Aragona 325, f. 91 droite, 94 gauche, 250 droite).
-
[48]
« Uno paio di reghole maggiori per lui da leggere » (ASF, Carte strozziane V. 1747, f. 42 droite et gauche, 61 droite). Voir R. BLACK, Humanism and education..., op. cit., p. 82 sq.
-
[49]
ASF, Carte strozziane V. 1747, f. 42 droite, 48 gauche, 61 droite, 64 gauche, 78 gauche, 95 gauche, 98 droite, 136 gauche.
-
[50]
Ibid., V. 5, f. 47 gauche.
-
[51]
« Uno volume di rechole maggiori et con altre opere da imparare gramaticha » (ASF, Manoscritti 85, f. 99v.). 8
-
[52]
ANTONIO MANETTI, The life of Brunelleschi, édité et traduit par Howard Saalman, University Park Pennsylvania, University of Pennsylvania Press, 1970, p. 38.
-
[53]
ASF, Carte strozziane, V. 6, f. 6r., 7v., 8r.-v., 12r., 27r., 36r., 41r., 44r.
-
[54]
« Leggiere et [...] scrivere et l’abaco [...] s’usa per gli huomini da bene e per la magiore parte fare a Firenze. » (A. MANETTI, The life..., op. cit., p. 39).
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[55]
Un « maestro che insegna a fanculli il quale ista in casa Nofri di Palla » (ASF, Carte strozziane III. 277, f. 103v.). Une autre référence précoce se situe en 1381, quand Giovanni di Paolo Morelli mentionne « il maestro in casa, e di dì e di notte suggetto alla sua correzione, la quale, come che utile, ma dispiacevol’è alla libertà puerile » (G. MORELLI, Ricordi, op. cit., p. 496).
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[56]
VESPASIANO DA BISTICCI, Le vite, édité par Aulo Greco, Florence, Istituto Nazionale del Rinascimento, 1970-1976, t. I, p. 38; t. II, pp. 10,21,24,51,143-145,236,300, 310-311 et 475.
-
[57]
ASF, Carte strozziane II. 281, f. 87 droite, 104 gauche.
-
[58]
ASF, Carte strozziane V. 6, f. 12r., 44r.
-
[59]
ASF, Carte strozziane II. 11, f. 32v.
-
[60]
Ibid., IV. 343, f. 172v., 199v., 240v.; IV. 363, f. 24r.
-
[61]
« Per ripetitore per insegnare a’miei fanciulli » (ibid., II. 16, f. 18v.). Voir également Domenico Allegri, dont les enfants avaient pour tuteur un certain ser Lorenzo d’Acesi en 1428 (ASF, Corporazioni religiose soppresse dal governo francese 132, no 484, f. 102v.) et Giovanni Benci, qui employait un « maestro » en 1446 (ASF, Carte strozziane II. 17, f. 18v.).
-
[62]
V. DA BISTICCI, Le vite, op. cit., t. II, p. 236.
-
[63]
ASF, Carte strozziane II. 16, f. 18v.
-
[64]
« Gherardino di Gherardo giovane che insengnia danzare a la Chaterina e Chostanza di Pialiano [...] per conffiare di Monna Giana loro madre » (ibid., IV. 365, f. 172r.).
-
[65]
Ibid., II. 13, f. 31r.
-
[66]
Une « maestra ch’insegnnia leggiere a la Toncina di Paliano » (ibid., IV. 365, f. 161v.). 8
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[67]
« Truovomi chol maestro in chasa ch’segnnia a tuti mia figluoli, che di niuno chavo utile ma grande spesa » (ASF, Catasto 54, f. 809v.).
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[68]
ASF, Dono Panciatichi Patrimonio Pecori 50, f. 90 droite, 99 gauche passim, 110 droite, 119 droite passim, 125 gauche, 131 droite passim, 139 gauche, 142 gauche, 147 droite, 151 droite, 157 droite passim, 169 droite, 175 droite, 181 gauche passim, 189 droite, 192 gauche passim; ibid., 51, f. 19 droite/gauche, 22 droite, 28 droite, 33 droite, 43 droite/ gauche, 72 droite.
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[69]
« Ricordo come a dì 5 d’agosto 1469 rimasi con ser Francesco che insegna a leggere che insegnasse a Bastiano mio figliolo e bastardo a legere e scrivere in modo sappia leggiere le lettere e scrivere acciò posse tenere suo conto [...]. Levaine lo detto mese perché non inparava nula e non v’andò » (ASF, Corporazioni religiose soppresse dal governo francese 102, no 421, f. 9r.). On observe un même modèle sous le toit de Francesco di Gherardo Gherardi, dont les fils passèrent en 1486 de l’enseignement d’un maestro di fanciulli à demeure, ser Simone, qui leur apprenait le Donadello, à celui d’un « maestro che insegna l’abacho » en 1490 (ASF, Carte Gherardi Piccolomini d’Aragona 331, f. 31 droite/gauche, 34 gauche, 45 droite, 56 droite, 49 gauche). Autres maisons de l’élite où les ricordanze ne témoignent que de leçons de lecture, à la fin du XVe siècle : Sassetti (ASF, Carte strozziane V. 1750, f. 3v., 126v., 194v.), Adriani (ASF, Corporazioni religiose soppresse dal governo francese 98, no 324, f. 29v., 36r., 37r.), Nobili (ASF, Corporazioni religiose soppresse dal governo francese 102, no 489, f. 82 gauche, 105 gauche, 116 gauche, 139 gauche), Gherardi (ASF, Carte Gherardi-Piccolomini d’Aragona 328, f. 37 gauche), Capponi (ASF, Corporazioni religiose soppresse da Pietro Leopoldo, Montalve, S. Piero a Monticelli 154, f. 45 gauche.) et Rinieri (ASF, Corporazioni religiose soppresse dal governo francese 95, no 220, f. 3v.).
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[70]
Voir C. KLAPISCH-ZUBER, « Les clefs... », art. cit., pp. 310-314, pour un résumé de cette histoire, et BNCF II. II. 357, f. 53r.-v., 99r.-v., 151v., 158r.-v., pour les passages traitant du rôle de la lecture et de l’abaque dans l’éducation.
-
[71]
Par exemple, en 1454, Marco di Benedetto di Marco Strozzi (ASF, Carte strozziane IV. 58, f. 1r., 2r.); Niccolò di Carlo di Marco Strozzi (1459-1460 : ASF, Carte strozziane IV.67, f. 18r., 19r.-v., 58v.); les héritiers de Michele di Cosiglio de’ Cerchi (1461 : ASF, Archivio Cerchi 313, f. 3r.); messer Nofri Ceccherini (1465 : ASF, Corporazioni religiose soppresse da Pietro Leopoldo, S. Pietro a Monticelli 166, f. 36v.); les héritiers de Niccolò di Domenico di Leonardo Boninsegni (1470-1471 : ASF, Corporazioni religiose soppresse dal governo francese 102, no 336, f. 35 gauche et no 356, f. 15 droite, 17 droite, 62 droite); et Lionardo di Lorenzo Morelli (1488 : ASF, Carte Gherardi-Piccolomini d’Aragona 165, f. 58 droite).
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[72]
Voir EUGENIO GARIN, Il pensiero pedagogico dello umanesimo, Florence, Sansoni, 1958, p. XXVIII, n. 3.
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[73]
Par exemple, Giovanni di Taddeo d’Agnolo Manzuoli (ASF, Compagnie religiose soppresse da Pietro Leopoldo 1024, no 196,29 décembre 1452, non folioté), Bernardo di Benedetto Strozzi (ASF, Carte strozziane IV. 58, f. 1r., 2r.), Niccolò di Francesco Castellani (ASF, Corporazioni religiose soppresse dal governo francese 90, no 134, f. 42r.), ainsi que Marco et Paolo di Carlo Strozzi (ASF, Carte strozziane IV. 67, f. 18r., 19r.-v., 58v.).
-
[74]
V. DA BISTICCI, Le vite, op. cit., t. II, p. 310.8
-
[75]
Voir LAURO MARTINES, The social world of the Florentine humanists, Londres, Routledge & and Kegan Paul, 1963.
-
[76]
ASF, Compagnie religiose soppresse dal governo francese MXCII. 5 [1385], f. 8r.
-
[77]
ASF, Carte strozziane III. 138, ff. 46v.-47r.
-
[78]
« Per costo di uno libro dell’epistole di Tulio familiari comperai per Gentile, Fl. 1 S. 3 » (ibid., V. 1751, f. 132r.).
-
[79]
Voir R. BLACK, Humanism and education..., op. cit., p. 352 sq.
-
[80]
ASF, Carte strozziane V. 1751, f. 132r.
-
[81]
R. BLACK, Humanism and education..., op. cit., p. 156, n. 740.
-
[82]
Ibid., p. 359 sq.
-
[83]
Ibid., p. 132 sq. et p. 355 sq.
-
[84]
Par exemple, Filippo Strozzi (ASF, Carte strozziane V. 22, f. LIII r.), Niccolò Strozzi (ASF, Carte strozziane IV. 71, f. 121v., 128v., Antonio Gondi (ASF, Carte Gondi 32, f. 9 droite, 10 gauche), Lorenzo Strozzi (ASF; Carte strozziane V. 68, inventaire de 1486).
-
[85]
C. KLAPISCH-ZUBER, « Les clefs... », art. cit., p. 323.
-
[86]
Ibid., p. 323, n. 78.
-
[87]
Ibid., p. 324, n. 82.
-
[88]
Ibid., et ASF, Corporazioni religiose soppresse dal governo francese 98, no 324, f. 40v.
-
[89]
C. KLAPISCH-ZUBER, « Les clefs... », art. cit., p. 323, n. 78, fait référence à un premier exemple daté de 1358, mais les dates des diverses retraites énumérées dans sa note 80 appartiennent toutes aux XVe et XVIe siècles. Pour une documentation complète sur un exemple situé au tout début du Trecento, voir R D, Storia, Florence, OBERT AVIDSOHN Sansoni, 1965, t. VII, p. 216, n. 6 : 1er février 1302 (ASF, San Pier Maggiore). 8
-
[90]
Ibid., p. 324.
-
[91]
« Ricordo chome [...] a dì 26 d’aprile [1478] [...] Io Virgilio d’Andrea di Berto doctore sopradecto, essendo la Alexandra mia filgluola a chaso in Fulingno con Suora Piera filgluola fu di Bertino di Tommaso Strozi e donna fu d’Alexandra d’Antonio del Vingname congnata e zia della decta Alexandra mia figluola, per torre via ongni dubio di schandalo di lei e per più sicurtà di lei, la mandai nel munistero di San Giuliano apresso a Fulingno decto e apresso a Sa[n]cto Antonio dietro in Firenze in serbanza. [...] Di poi veduto io non avere donna più né ella madre, la lasciai me la serbarssino et insengnassille tutto quello si apertiene di sapere alle fanciulle di chucire, talgliare, filare e leggere molto bene et da achustumirlla molto bene e dissono di volere, cioè e la priora e Suora Giuliana, sì priora e ghovennatrice di decto munistero disson di volere, per victo di decta Alexandra e insegnatura di decte chose filare, chucire, talgliare, leggere et achostmature l’anno Fl. quatordici et io venni a fiorini tredici in tutto siché di tutto ò voluto fare racordo et lume del vero. Et in ciò tutti e suoi panni lani e lini e molte chose che s’à apartenente alla fanciulla et m’a dare un’altra chotta per testa di valuta di Fl. venticinque larghi, cioè Fl. 25 larghi e uno libriccino bello e buono con tutti gl’uffici e un paio di lenzuoli, uno lecto di 5 braccia 1/2 a 4 teli nuove » (ASF, Corporazioni religiose soppresse dal governo francese 98, no 324, f. 40v.).
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[92]
Ibid.
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[93]
ASF, Carte strozziane II. 9, f. 162v.
-
[94]
ASF, Gherardi-Piccolomini d’Aragona 328, f. 37 gauche.
-
[95]
ASF, Carte Gondi 32, f. 38 gauche.
-
[96]
ASF, Carte strozziane V. 1751, ff. 18v., 43v.
-
[97]
ASF, Gherardi-Piccolomini d’Aragona 328, f. 41 gauche.
-
[98]
ASF, Carte strozziane V. 69, p. 37.
-
[99]
Ibid.. V. 1751, f. 138r.; pour ses leçons de danse en 1476, voir ibid., f. 126v., 127r., 134v. Autres exemples : Alessandra, fille de Feline di Deo del Beccuto et femme de Filippo di Messer Poggio Bracciolini (ASF, Archivio Guicciardini-Corsi Salviati, Libri di Amministrazione 1020, f. 8v.); Maddalena di Francesco Gherardi (ASF, Carte Gherardi-Piccolomini d’Aragona 331, f. 30 droite, 31 gauche, 40 droite), ou encore Caterina di Filippo Strozzi (ASF, Carte strozziane V. 66, f. 124 droite, et V. 67, p. CXV, f. 124 droite).
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[100]
Cresci, fils adoptif de Andrea Cresci (« filuolo addotivo et aroghoto »), reçut en 1474 des leçons de danse de maestro Giorgio (ASF, Carte Gherardi-Piccolomini d’Aragona 327, f. XXXVIIII droite); Alfonso, fils aîné de Filippo Strozzi, en prit en 1481, avec ses sœurs 8 (ASF, Carte strozziane V. 22, f. CLXXXIV verso et V. 36, p. 91); de même, les fils de Lorenzo di Matteo Strozzi (ibid., V. 36, p. 133).
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[101]
ASF, Carte strozziane V. 1751, ff. 126v., 127r.; ASF Carte Gherardi-Piccolomini d’Aragona 327, f. XXXVIIII droite; ASF Carte strozziane V. 22, f. CLXXXIV verso; ASF, Carte strozziane V. 36, pp. 91,133 et 149.
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[102]
Ibid., V. 67, p. CXV, p. 124.
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[103]
ASF, Archivio Guicciardini-Corsi Salviati, Libri di Amministrazione 1020 , f. 8v.
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[104]
ASF, Carte strozziane V. 1751, f. 126v., 127r., 134v.
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[105]
Ibid., f. 138r.
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[106]
Comme allait le déclarer Sant’Antoniano : « Quanto poi alle figliuole, a me sembra che [...] a quelle di umile e povero stato, converrebbe che sapessero alquanto leggere qualche libro di preci » (Quant aux filles, il me semble qu’il conviendrait à celles qui sont de condition humble et pauvre de savoir lire un peu d’un livre de prières) : SILVIO ANTONIANO, Dell’educazione morale e politica dei figliuoli, Florence, 1852, p. 425, cité par G. BOCHI, L’educazione feminise dall’umanesimo alla controriforma, Bologne, G. Malipiero, 1961, p. 46, n. 33. Article publié avec le soutien de la School of History de l’université de Leeds.